La magrezza tra normalità e patologia

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Morbilità e mortalità

Al pari dell’obesità, anche una condizione di magrezza estrema è stata associata a un incremento di morbilità e mortalità. Nella popolazione adulta del Regno Unito15 è stato dimostrato che i soggetti sottopeso presentano una riduzione della qualità della vita, rispetto ai normopeso, soprattutto a causa dell’aumentata prevalenza di uno stato ansioso o depressivo. Anche la forza muscolare e la pratica di attività fisica appaiono ridotte nei soggetti magri, i quali, oltre ad avere minori depositi di tessuto adiposo, presentano una ridotta massa muscolare 16. Tale riscontro è degno di nota in quanto è stata dimostrata una relazione inversa tra la forza della stretta di mano (handgrip) e la mortalità in età adulta 17. Anche il rischio di infarto miocardico e di ictus risulta aumentato tra i coronaropatici e gli ipertesi che sono sottopeso, rispetto a controlli normopeso o sovrappeso. Questo paradosso potrebbe essere legato a un ruolo protettivo del tessuto adiposo attraverso una compensazione rigenerativa, metabolica, emodinamica allo sviluppo di danno tissutale 18. Studi epidemiologici effettuati negli ultimi anni hanno mostrato anche la presenza di una correlazione U-shaped tra BMI e mortalità.

 

Diminuzione della vita in funzione del BMI

L’associazione tra magrezza e aumentata mortalità è più debole considerando un follow-up di 15 anni rispetto a uno di 5 anni, verosimilmente per la riduzione dei fattori interferenti legati alla presenza di patologie concomitanti non diagnosticate, che possono incidere sulla mortalità a breve termine. Questa associazione è più debole in soggetti attivi rispetto a quelli inattivi (che potenzialmente presentano una magrezza secondaria a patologia) 19

Magrezza e pubertà

Esiste una correlazione tra peso, composizione corporea e timing dello sviluppo puberale, in particolare nelle femmine. Numerosi studi epidemiologici condotti negli ultimi 30 anni hanno infatti evidenziato un esordio più precoce della pubertà nelle bambine sovrappeso e obese rispetto alle coetanee magre 20. Tra i mediatori risposabili di questo fenomeno, un ruolo di rilievo sembra essere ricoperto dalla leptina, cioè l’ormone prodotto dal gene dell’obesità (ob) e secreta prevalentemente dal tessuto adiposo bianco. La leptina agisce come segnale dei depositi energetici dell’organismo a livello centrale dove, mediante specifici recettori a livello ipotalamico, stimola in maniera dose-dipendente la secrezione pulsatile di GnRH da parte dei neuroni del nucleo arcuato, pur non modificando l’ampiezza dei pulse. Nell’ipofisi anteriore la leptina stimola poi il rilascio di LH e, in misura minore, di FSH  21.

Sedi di azione della leptina

Studi su modelli animali (ratti) hanno mostrato che la leptina potrebbe avere un ruolo permissivo nella progressione puberale, agendo da mediatore tra il tessuto adiposo e l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi 22, e presenterebbe altresì un ruolo come fattore di crescita scheletrico 23. Uno studio condotto su adolescenti maschi con ritardo costituzionale di crescita e pubertà ha dimostrato la presenza di bassi livelli sierici di leptina in questo gruppo di soggetti rispetto ai coetanei normopeso. È stata inoltre evidenziata una correlazione statisticamente significativa tra i livelli di leptina e altezza, peso ed età ossea, facendo ipotizzare che alla base del ritardo costituzionale di crescita e pubertà (CDGP) possa esserci proprio la magrezza, che sarebbe poi causa dei bassi livelli di leptina 24. Un ruolo complementare è quello della Ghrelina, un peptide prodotto principalmente dalle cellule gastriche, implicato nel controllo della secrezione dell’ormone della crescita e nel bilancio energetico dell’organismo, tramite la stimolazione dell’appetito 25. La Ghrelina riduce la secrezione di GnRH e LH nel periodo pre-puberale e può ridurre i livelli di testosterone circolante. Negli adolescenti con CDGP è stata riscontrata una significativa elevazione delle concentrazioni sieriche di Ghrelina, negativamente correlata col BMI, che può verosimilmente essere considerata una risposta adattativa per la correzione dello squilibrio negativo nel bilancio energetico. Nei soggetti magri il ritardo puberale costituzionale potrebbe compromettere il raggiungimento di un’altezza finale compatibile con il bersaglio genetico 26. In entrambi i sessi l’altezza finale risulta inferiore all’altezza bersaglio prevalentemente nei bambini in cui la crescita è ridotta già in fase prepuberale (soprattutto nel periodo tra 3 e 8 anni) 26, 27.  Analizzando le abitudini alimentari di soggetti con bassa statura idiopatica emerge che molti di loro presentano uno scarso appetito, un’alimentazione selettiva e frequentemente un precoce senso di sazietà. È possibile che la nutrizione subottimale di questi bambini con conseguente magrezza sia un fattore determinante lo scarso accrescimento e quindi la bassa statura finale. Non si può tuttavia escludere che lo scarso accrescimento staturale sia alla base del ridotto appetito e delle minori necessità energetiche di questi soggetti o che altri fattori, tuttora ignoti, costituiscano la correlazione tra magrezza, bassa statura e ritardo puberale 28.