Nuovi strumenti per la gestione del diabete

2008

Le insuline

L’insulina, scoperta nel 1921 da parte dei ricercatori Frederick Banting e Charles Best, era ottenuta da estratti delle beta-cellule pancreatiche bovine o suine, solo parzialmente purificati, tanto che gli effetti collaterali più comuni erano rappresentati da allergie, lipodistrofie, ascessi e dallo sviluppo di anticorpi anti-insulina. La durata di azione era ridotta, costringendo i pazienti a sottoporsi a numerose iniezioni giornaliere. Nel 1936 fu introdotta la prima insulina a lento rilascio (NPH), ottenuta aggiungendo la protamina all’insulina animale. Per la sua durata d’azione, di circa 12-18 ore, fu considerata l’insulina basale ad azione intermedia che, tuttavia, esponeva il paziente a frequenti eventi ipoglicemici notturni. Successivamente, la tecnologia del DNA ricombinante permise lo sviluppo delle insuline umane ad azione rapida e intermedia. In condizioni fisiologiche la secrezione d’insulina raggiunge il suo picco massimo 30-45 minuti dopo l’ingestione di cibo e torna a livello basale dopo 2-3 ore. Le insuline umane ad azione rapida possedevano una durata d’azione più lunga, che aumentava il rischio d’iperglicemie post prandiali, a loro volta seguite da ipoglicemie protratte. Dovevano inoltre essere somministrate 30-60 minuti prima dei pasti. Questo tipo di formulazioni rendevano dunque la terapia del DM poco maneggevole, soprattutto in età evolutiva. Negli anni ‘90 furono sviluppati gli analoghi sintetici dell’insulina umana. Con gli analoghi a lento rilascio, come la glargina e la detemir, la dose necessaria d’insulina basale poteva essere generalmente somministrata in unico bolo, prima di coricarsi, o divisa in due somministrazioni giornaliere. Il loro meccanismo d’azione non è dovuto all’aggiunta di sostanze che ne ritardano l’assorbimento, ma alla variazione della catena aminoacidica, che ne modifica le proprietà farmacocinetiche. In particolare, l’insulina detemir possiede un’alta affinità per le albumine, cui si lega in modo reversibile a pH neutro. Questo causa un graduale, continuo, rilascio e ne prolunga la durata di azione fino a circa 18-20 ore, senza significativi picchi plasmatici. L’insulina glargina è invece solubile a pH acido, ma meno solubile al pH fisiologico, neutro, dei tessuti. Questo determina la precipitazione delle sue molecole in formazioni multimeriche (esameri) da cui gradualmente si libera l’insulina monomerica, biologicamente attiva. La sua durata di azione è di circa 24 ore. Gli analoghi rapidi, glulisina, lispro e aspart, hanno una minore tendenza a formare multimeri nella zona d’iniezione e una minore affinità per le albumine. La maggiore biodisponibilità, con una durata d’azione inferiore rispetto all’insulina umana ad azione rapida, rende il loro uso più flessibile. Attualmente, è in fase 3 di sperimentazione clinica l’insulina degludec, un’analogo basale ad azione ultra-lenta (durata di azione >42 ore). Le nuove frontiere della terapia insulinica riguardano formulazioni somministrabili per via inalatoria e/o orale. Quest’ultima è al momento di difficile attuazione per le caratteristiche del sistema gastroenterico (presenza di peptidasi, effetto barriera della mucosa e del muco) che ne causano la degradazione e ne ostacolano l’assorbimento. Per quanto riguarda la via inalatoria, nonostante siano stati sviluppati vari sistemi di rilascio, la sperimentazione è stata interrotta per i risultati non soddisfacenti che sono stati ottenuti anche in termini di aderenza alla terapia.