Trasporto delle emergenze neonatali: un quadro disomogeneo

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MILANO, 19/10/2009 CROCE ROSA CELESTE-VOLONTARIATO MILANO. ©ROBY BETTOLINIUn sistema di trasporto neonatale sul territorio italiano che appare disomogeneo e incompleto, con alcune regioni in cui risulta assente o carente. Il quadro emerge da un’indagine condotta dal Gruppo di studio sul trasporto neonatale della Società italiana di neonatologia (SIN) sui centri che svolgono il Servizio di trasporto per le mergenze neonatali (STEN). Purtroppo non sempre è possibile il trasporto della mamma in centri specializzati in casi di gravidanza a rischio e quindi il neonato deve essere trasferito per fargli avere le cure adeguate. Da qui l’importanza degli STEN con personale specializzato per un trasporto che sia il più breve possibile e sicuro. Secondo quanto emerso in Italia sono 44 i centri che effettuano questo tipo di trasporto, ma in 5 regioni (Valle d’Aosta, Umbria, Abruzzo, Calabria e Sardegna) sono completamente assenti e in 3 (Emilia Romagna, Puglia e Sicilia) offrono una copertura solo parziale. Gli STEN si trovano in Aziende pubbliche USL (8), Aziende pubbliche ospedaliere (17), Policlinici universitari (18) e in un Ospedale classificato; nel 72,2 per cento delle strutture vi è l’Unità di Terapia intensiva neonatale. Secondo quanto risultato dallo studio, sono stati 6.298 i neonati trasportati nel 2014, di questi 522 avevano un’età gestazionale inferiore alle 28 settimane e la media del tempo di trasferimento è stata di 112 minuti. Dei 44 centri meno della metà (21) trasportano lattanti (di età maggiore di 28 giorni se a termine e con 44 settimane corrette di età gestazionale se pretermine), che possono arrivare fino a un anno di età e 10 chili di peso; non tutti i centri hanno la possibilità del trasporto per qualunque patologia e solo uno porta anche i traumatizzati. Secondo lo studio della SIN le patologie più frequenti nei lattanti trasferiti sono state quelle respiratorie (76,2 per cento), poi cardiologiche e chirurgiche (entrambe 9,5 per cento) e malformative (4,8 per cento).