Pediatria e raggi x Verso un sistema di LDR condiviso

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Inizia in Terapia Intensiva Neonatale la codifica di un sistema di indicazioni condiviso per pediatri, fisici, radiologi e tecnici sui livelli diagnostici di riferimento (LDR).

L’Istat stima la popolazione pediatrica italiana tra 0 e 14 anni in circa 8,5 milioni, circa il 14% della popolazione totale, mentre gli esami radiologici eseguiti ogni anno nel nostro Paese sono quasi 40 milioni, di cui quasi un decimo sono esami pediatrici. Secondo una ricerca dell’Associazione Italiana di Fisica Medica (AIFM) con la Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM), le Tac eseguite ogni anno sono circa 7 milioni, di cui 180 mila su bambini.
Lo studio, durato 12 mesi, ha analizzato le dosi di 993 esami pediatrici (TC multistrato) in 25 Sevizi di Radiologia distribuiti su tutta Italia (6 dedicati alla pediatria) e ha disegnato un quadro dell’esposizione da radiazione in Italia dovuto agli esami con TC. Ne è emerso che la dose ricevuta negli esami cresce con il crescere dell’età, ma tutti i valori sono (per fortuna) inferiori agli LDR della normativa italiana, che sono riferiti però alla sola popolazione adulta. D’altra parte, la quantità di radiazione alla quale è esposto il bambino rispetto all’adulto raggiunge riduzioni fino a circa il 60% tra 1 e 5 anni, 30% tra 5 e 10 ed è confrontabile nella fascia 10-15.

Una richiesta dal campo
Di qui la necessità di fissare livelli di dose di radiazioni per i pazienti pediatrici. È stato chiesto già nel 2013 a Torino all’8° congresso nazionale di Fisica Medica, dove è stata presentata la ricerca, perché «anche se l’Italia è nella media europea», secondo Daniela Origgi, fisico medico dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano che ha coordinato lo studio insieme a Sergio Salerno, professore associato di Radiologia al Policlinico Universitario di Palermo, e Claudio Granata, radiologo pediatrico dell’Irccs Giannina Gaslini di Genova, «l’indagine evidenzia che l’estesa introduzione delle tecnologie digitali e dei sistemi TC multistrato impongono un processo di revisione e aggiornamento degli attuali LDR e l’introduzione di nuovi parametri dedicati alla pediatria».

Quanti esami e quanti sui bambini?
La richiesta è riemersa anche due anni dopo, quando un’ulteriore indagine condotta dalla Società Italiana di Pediatria nell’ambito del progetto “Radiazioni in Pediatria” – lanciato insieme ad altre due società scientifiche (Aifm e Sirm) per verificare il livello di conoscenza dei pediatri in materia di radioprotezione – è stata illustrata al Ministero della Salute. La ricerca precisava che «gli esami radiologici consentono di effettuare la diagnosi e decidere il corretto iter terapeutico; è noto che l’eccessiva esposizione alle radiazioni ionizzanti può avere effetti dannosi sulla salute nel lungo periodo e che i bambini, sia per una maggiore radiosensibilità sia per una maggiore aspettativa di vita rispetto all’adulto, sono più facilmente soggetti al danno. Per questo il bambino, più dell’adulto, deve essere tutelato e sottoposto a esami con tecniche a basse dosi per minimizzare il rischio. La radioprotezione del paziente deve essere il risultato del concorso di tutti gli attori coinvolti, nel rispetto di ruoli e competenze: la popolazione (pazienti), i prescrittori di esami (medici di base e pediatri) e gli specialisti di settore (radiologi e fisici medici)».
E invece la ricerca tra i pediatri confermava una «scarsa conoscenza delle questioni relative alle dosi di radiazioni ionizzanti somministrate durante l’esecuzione di esami radiologici»: più della metà aveva appreso nozioni di radioprotezione solo all’Università o durante la specializzazione. Infatti, il 91% si dichiarava fortemente interessato ad approfondire il tema in ambito pediatrico e prenatale e il 41% nell’ultimo anno non aveva informato il paziente dei rischi connessi a una determinata procedura radiologica.

Meno radiazioni? Solo quelle necessarie
La questione non è semplice, la misurazione stessa è una faccenda complicata. Non è possibile fornire un dato certo sul rischio, spiega Aifm: la dose che un paziente assorbe durante un esame è variabile e dipende da vari parametri (tecnologici, ma anche età, peso e altezza del paziente, distretto anatomico esaminato ecc.), per cui la stima della dose efficace per singolo paziente deve essere personalizzata. Il paziente deve sempre essere consapevole del rapporto tra rischio e beneficio, che per esami radiologici giustificati e adeguatamente ottimizzati è sicuramente a favore del secondo.
Quindi, più che “meno radiazioni”, si potrebbe dire “solo le radiazioni necessarie”. Conferma Mauro Campoleoni, direttore dell’Unità Operativa di Fisica Medica del Policlinico di Milano: «fare solo gli esami giustificati e all’interno di certi limiti di dosi, quindi farli bene».

Il ruolo del fisico medico
Le parole d’ordine sono quindi appropriatezza, giustificazione e ottimizzazione: l’esame deve essere appropriato al quesito clinico e la sua esecuzione deve essere “giustificata”, cioè ritenuta necessaria e non sostituibile con altre metodiche di diagnosi secondo il medico prescrivente e lo specialista (radiologo, medico nucleare ecc.) e infine “ottimizzato”, ovvero “in grado di produrre immagini di qualità adeguata al quesito diagnostico utilizzando la minima dose al paziente”, dallo specialista e dal fisico medico che esegue la stima della dose al paziente pediatrico e suggerisce le tecniche di esposizione da adottare per ridurre i rischi sul bambino, impiegando la minima quantità di radiazioni necessaria, limitando l’esame al solo distretto anatomico da esaminare, evitando scansioni multiple e usando, se possibile, vie alternative (ecografia, RM).

Le culle termiche
La comunità scientifica, però, è andata oltre. Partendo da un settore delicato come la Terapia Intensiva Neonatale (TIN), dove un gruppo di lavoro specialistico che coinvolge quattro società scientifiche (AIFM, SIRM, SIP e SIN) ha affrontato il problema delle nuove culle termiche, dotate di cassetti porta-lastre, ideati allo scopo di non spostare il neonato dall’ambiente protetto per diminuire il rischio di infezioni, con le quali però bisogna usare una maggiore energia del fascio dei raggi x (e quindi un aumento della dose assorbita dal paziente) perché questi devono attraversare anche la struttura della culla. Con l’ausilio di 15 fisici medici di 16 ospedali italiani, è stato perciò realizzato un “censimento” delle culle e delle loro caratteristiche tecniche e si sono raccolte raccogliere le informazioni sull’esposizione dei pazienti, implementando una serie di misure di attenuazione.

La Terapia Intensiva Neonatale
L’analisi della situazione delle TIN è stata quindi allargata, affrontando altri aspetti critici dell’esposizione alle radiazioni, quali il numero di esami eseguiti per singolo paziente, le tecnologie usate, l’esposizione “secondaria” ad altre radiografie eseguite nello stesso locale o anche l’uso di sistemi per limitare il movimento del bambino. Insomma un’analisi ad ampio spettro che ha generato un documento (visibile sul sito di AIFM: www.fisicamedica.it) con linee guida (pur non ancora ufficiali) sulla radioprotezione di paziente e operatori che affrontano il problema anche sotto l’aspetto clinico. Lo scopo è fornire alle strutture pubbliche e private elementi pratici di giustificazione e ottimizzazione degli esami in culla e indicazioni condivise sulla modalità diagnostica più idonea per le patologie più comuni – in particolare del distretto toraco-addominale – sui casi in cui va tenuta in conto una tecnica diagnostica alternativa come l’ecografia, oltre che sulle modalità più sicure di identificazione del paziente e sulla corretta comunicazione con i genitori.

Il progetto PiDRL
«Un ottimo strumento» dal quale «potrebbero nascere aggiornamenti sulle linee guida sulla giustificazione e sull’appropriatezza» in «un ambito strettamente radiologico», conferma Mauro Campoleoni, «ma naturalmente dobbiamo considerare che i pazienti pediatrici sono diversi tra loro: si va dai neonati ai ragazzi di 15 anni. Ci sono quindi molti mondi in mezzo che creano differenze importanti» e quindi «uno dei capisaldi è l’uso di un buon sistema di LDR». A livello continentale, il 6 settembre scorso l’ESR e EuroSafe Imaging hanno pubblicato (www.eurosafeimaging.org) le linee guida europee sui livelli diagnostici di riferimento nell’imaging in pediatria (European Guidelines on Diagnostic Reference Levels for Paediatric Imaging) sviluppate dal progetto PiDRL (European Diagnostic Reference Levels for Paediatric Imaging), finanziato dalla Commissione Europea, che è stato coordinato dall’ESR e sostenuto dalle principali parti interessate e società scientifiche europee coinvolte nella radioprotezione dei pazienti pediatrici.

di Lorenzo Di Palma

(articolo tratto dalla rivista Tecnica Ospedaliera nr 8 -2018, Tecniche Nuove)