Un’analisi di ISS e UNICEF Italia mostra risultati migliori su nascita e allattamento nella prima ondata di COVID-19 degli ospedali accreditati come Amici delle Bambine e dei Bambini

Con il modello Baby-Friendly Hospital Initiative (BFHI), gli ospedali Amici delle Bambine e dei Bambini hanno ottenuto risultati migliori rispetto ad altri in alcuni standard OMS/UNICEF e secondo le linee di indirizzo dell’Istituto Superiore di Sanità (in vigore in quel periodo) durante la prima ondata della pandemia da COVID-19. A parlarne uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità e il Comitato italiano per l’UNICEF su 68 ospedali, di cui 26 già accreditati come Ospedali amici dei bambini, 14 in percorso, 28 interessati al percorso) della Rete che fa capo al coordinamento del programma Insieme per l’allattamento dell’UNICEF Italia.

I risultati sono stati pubblicati negli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità (Vol. 58, No. 2: 100-108) nell’articolo Prevalence of breastfeeding and birth practices during the first wave of the COVID-19 pandemic within the Italian Baby-Friendly Hospital network.What have we learned. In particolare, lo studio ha analizzato, fra marzo e aprile 2020: l’aderenza ad alcuni standard della BFHI; la differenza nella messa in atto delle pratiche raccomandate dal processo di accreditamento della BFHI; il cambiamento delle pratiche clinico-assistenziali e le sfide e i punti di forza nell’applicazione della BFHI.

Fra i principali elementi riscontrati è emerso come l’essere Ospedale Amico riconosciuto era associato in maniera significativa alla presenza di una persona a scelta della madre durante il travaglio (p=0,022) e al contatto pelle a pelle per almeno un’ora (p<0.001) sia nelle donne positive asintomatiche o paucisintomatiche e sia in quelle donne negative. Inoltre, il rooming-in ha raggiunto il 100% negli Ospedali Amici, rispetto all’86,7% per le donne COVID positive che hanno fatto il taglio cesareo nelle altre strutture non in percorso. Infine, in alcuni casi, queste modalità assistenziali hanno portato a un aumento dei parti di donne provenienti da altre aree, rendendo più complessa la gestione di un maggior numero di famiglie.

Lo studio ha inoltre riscontrato che la separazione dal partner (dalle visite prenatali alla permanenza in ospedale dopo la nascita) è stata vissuta come un’esperienza ‘devastante’, confermando che le indicazioni scientifiche in merito alla raccomandazione della presenza di una persona a scelta della donna durante tutto il percorso nascita non sono sufficienti da sole e sono necessari maggiori sforzi per tradurle in pratica clinica.