Uno studio di medicina narrativa ha fornito approfondimenti importanti su bisogni e risorse di pazienti con Sindrome di Prader-Willi e delle loro famiglie

L’importante ruolo del racconto, della possibilità di condividere difficoltà e problematiche quotidiane, al di là del trattamento farmacologico. Un racconto di pazienti e caregiver che porta con sé informazioni importanti per la gestione complessiva di una patologia come la Sindrome di Prader-Willi. A richiamarne l’attenzione uno studio condotto in Italia tra ottobre 2018 e luglio 2019 e appena pubblicato sul BMJ Open, con i risultati del progetto di medicina narrativa PRAXIS, Prader-Willi Excellence in Care with Story Taking.

La Sindrome di Prader-Willi rientra fra le malattie genetiche rare e interessa circa 1 bambino ogni 10.000-30.000 nascita. “Le alterazioni genetiche alla base della sindrome causano inizialmente ipotonia muscolare con difficoltà nell’allattamento e scarsa crescita, a cui fa seguito lo sviluppo di iperfagia, da mancanza di sazietà, e conseguente obesità precoce, difetti ormonali multipli, deficit cognitivo, problemi comportamentali, psicosi, in alcuni casi, mani e piedi piccoli e segni dismorfici del viso”, spiega Graziano Grugni dell’Istituto Auxologico Italiano, Ospedale di Piancavallo (VB). “Oggi i bambini raggiungono una statura normale, non hanno segni dismorfici, e non sono necessariamente obesi”. Importante, tuttavia, una diagnosi e gestione complessiva precoce della patologia, sottolinea Letizia Ragusa, dell’OASI Santa Maria Santissima di Troina, a capo dello studio PRAXIS. “È fondamentale che la diagnosi sia quanto più precoce possibile, non solo per avviare il trattamento con l’ormone della crescita, ma anche per sensibilizzare e far prendere consapevolezza alle famiglie del percorso di cura che li attende. Perché se è vero che un ruolo centrale lo ha il team multidisciplinare che si occupa dei ragazzi, molto dipende dai genitori. E prima si affronta la malattia, maggiori sono i risultati che possiamo ottenere”.

Il valore della medicina narrativa

Dato l’impatto della Sindrome di Prader-Willi sulla qualità di vita di pazienti e delle loro famiglie e caregiver, obiettivo dello studio era, attraverso lo strumento della medicina narrativa, capire meglio la vita quotidiana, i bisogni e le risorse, per fornire indicazioni per la pratica clinica. Hanno partecipato 10 centri della Rete italiana malattie rare e associazione di famiglie con Sindrome di Prader-Willi. Attraverso il sito del progetto sono state raccolte testimonianze da 21 bambini e adolescenti e 34 adulti con la malattia e 138 caregiver. L’analisi delle narrazioni raccolte ha fornito approfondimenti utili per capire aspetti sociali e relazionali, esperienze quotidiane e contesto, implicazioni di tale diagnosi in ambito lavorativo e di prospettive future; è emerso come la gestione di questa condizione clinica interessi le relazioni e la vita lavorativa, e anche di come permanga lo stigma sociale.

L’impatto della sindrome sulla qualità di vita

“Il progetto PRAXIS è il primo in Italia che ha provato a fotografare il vissuto delle persone con Prader-Willi e delle loro famiglie attraverso la medicina narrativa e ci ha permesso di portare alla luce aspetti emotivi e sociali, da difficoltà di vita quotidiana a grande energia creativa e senso morale, che sono fondamentali per potenziare il dialogo tra pazienti e professionisti. PRAXIS ha permesso di identificare quali sono gli ostacoli e le risorse da considerare per offrire un percorso di cura ottimale a queste persone, e contenere lo stigma sociale”, commenta Maria Giulia Marini, Innovation and Scientific Director della Fondazione Istud-Istituto Studi Direzionali, fondazione che ha seguito il progetto e la formazione in medicina narrativa dei professionisti coinvolti, e Presidente di EUNAMES, EUropean NArrative MEdicine Society.

“La medicina narrativa ci permette di comprendere meglio l’impatto della Sindrome di Parder-Willi su bambini, ragazzi e adulti che la vivono in prima persona e sulle loro famiglie. È possibile conoscere le conseguenze che la diagnosi della malattia ha avuto nella vita di queste persone, quali bisogni reali e quali problematiche e difficoltà quotidiane ha creato nelle loro famiglie”, sottolinea Antonino Crinò dell’Ospedale Bambino Gesù IRCCS di Palidoro (Roma) e del Centro Malattie Rare Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, e conclude: “Aver sentito per diretta voce nelle narrazioni dei pazienti e dei caregiver il vissuto della malattia e ascoltato le loro sofferenze ci dà informazioni preziose per migliorare la gestione multidisciplinare e multiprofessionale della malattia, spesso difficile, soprattutto nell’età adolescenziale e nell’adulto”.