Nuova strategia terapeutica per la fibrosi cistica

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Valeria Raia, responsabile dell’UOS di Fibrosi cistica del bambino dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli
Valeria Raia, responsabile dell’UOS di Fibrosi cistica del bambino dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli

Nella fibrosi cistica la combinazione di un farmaco e di un integratore alimentare sarebbe in grado di migliorare la funzione della proteina mutata a seguito della più comune delle mutazioni del gene CFTR (una delezione del locus F508). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Autophagy ed è frutto di una collaborazione internazionale in cui l’Italia è stata presente con la Fondazione IERFC (Istituto europeo per la ricerca in fibrosi cistica), che ha guidato lo studio, e l’Università Federico II di Napoli, che ha realizzato il trial clinico. I ricercatori, hanno dimostrato che la somministrazione di un farmaco, la cisteamina, in combinazione con un integratore alimentare, l’epigallocatechin gallato (EGCG), migliora significativamente la funzione della proteina mutata DF508: riduce le concentrazioni di cloro nel sudore in 9 pazienti su 10 omozigoti per questa mutazione ed è efficace nel ridurre l’infiammazione polmonare. «Il nostro percorso di ricerca negli anni ha dimostrato che è sufficiente ripristinare l’autofagia per riportare la CFTR con mutazione DF508 sulla membrana della cellula e di migliorarne la stabilità nella sede di funzione» dice Luigi Maiuri, direttore di ricerca dell’IERFC presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. «Il ripristino di una sufficiente funzione, in malati con questa mutazione, non è stato fino a oggi mai dimostrato mediante terapie con correttori della proteina, cioè con sostanze che “prendono per mano”e accompagnano la proteina sulla membrana. In questo sta principalmente l’innovazione della nostra ricerca: non accompagnare la proteina, ma raddrizzare le vie che la proteina utilizza per il suo viaggio all’interno della cellula». Valeria Raia, responsabile dell’UOS di Fibrosi cistica del bambino dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, spiega: «Si tratta di uno studio pilota open-label su un numero limitato di pazienti, che pertanto non ha la pretesa di validare una nuova terapia, ma di dimostrare che un percorso di cura diverso da quelli attualmente in sperimentazione può rappresentare una strada molto interessante da seguire». E gli studi continuano, aggiunge Raia: «Ovviamente siamo solo all’inizio di un percorso e stiamo attivando nuovi studi clinici, controllati con placebo, su un più ampio numero di pazienti con mutazione DF508».