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“La qualità dell’assistenza sanitaria in un Paese è direttamente correlata alla qualità della ricerca in campo clinico”: con questa frase Generoso Andria apre la presentazione del Libro bianco che la Società italiana di ricerca pediatrica (SIRP) ha realizzato per fare il punto su “Il futuro della ricerca clinica (pediatrica)”. Il libro, nelle sue varie articolazioni, prende in esame i punti debolezza (difficoltà nel coinvolgimento dei giovani nella ricerca, scarsi investimenti, mancata programmazione del ricambio generazionale) ma anche quelli di forza (elevato “impatto” nella comunità scientifica internazionale) della ricerca clinica italiana di ambito pediatrico. Un’indagine della SIRP sulle riviste internazionali dotate di “impact factor” ha infatti mostrato che il contributo dei pediatri italiani è comparabile ‒ se non superiore non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi ‒ a quello riscontrato in altre nazioni europee con simili parametri economici e culturali, ma con maggiori investimenti in innovazione e ricerca. A questo proposito, è opportuno sottolineare come si stiano ampliando le frontiere scientifiche di interesse pediatrico, in conseguenza, ad esempio, dall’incremento di patologie croniche, gravi disabilità e/o malattie rare complesse, disturbi dello sviluppo neuro-cognitivo e della salute mentale, nuove patologie indotte da fattori ambientali sia in ambito fisico (es. contaminanti endocrini, tumori) sia in ambito psichiatrico (es. “Internet addiction disorder”) o nuove problematiche per patologie “classiche”, come la diffusione dell’antibiotico-resistenza anche nei bambini “sani” (a quest’ultimo proposito v. Bryce et al. BMJ 2016; 352:i939). Tutte queste condizioni richiedono ricercatori di qualità, che indaghino meccanismi patogenetici ancora poco conosciuti, anche con l’ausilio degli enormi progressi della genetica, e la realizzazione di trials clinici ben strutturati, che possano poi essere trasferiti nella pratica professionale (“from bench to bed”) attraverso una registrazione pediatrica di farmaci utilizzati “off-label” (Il Pediatra 2016; 2: 16-20) e una ottimizzazione degli schemi terapeutici nelle varie età pediatriche.

Offrire un maggiore risalto ai risultati della ricerca pediatrica italiana permette quindi sia di diffondere tra i “non addetti ai lavori” quanto si sta realizzando nel nostro Paese per migliorare l’assistenza ai minori sia di favorire un maggior contatto tra ricercatori e mondo pediatrico generale e, al contempo, valorizzare quei gruppi e quelle istituzioni che maggiormente si impegnano nel miglioramento della qualità di diagnosi e cura, soprattutto per quelle condizioni che hanno un maggior peso assistenziale e, spesso, minori possibilità di interventi terapeutici risolutivi.

Grazie alla disponibilità dell’attuale Consiglio direttivo della SIRP, è nata quindi una preziosa collaborazione, che tutto il Comitato scientifico ritiene qualificante per la Rivista, cioè la divulgazione dei migliori lavori di ricerca clinica pediatrica pubblicati da ricercatori italiani attraverso l’ausilio di una “metodologia scientifica”. Da anni, la SIRP monitorizza infatti, attraverso l’Osservatorio della ricerca pediatrica italiana, creato e sviluppato dall’attuale presidente Generoso Andria, l’attività scientifica dei pediatri italiani. Entrano quindi a far parte della nostra “squadra” le due giovani e eccellenti ricercatrici, Loredana Marcovecchio e Giusy Ranucci, responsabili dell’ORPI, che svilupperanno la rubrica dedicata alle eccellenze della ricerca pediatrica italiana. Ma, in un’ottica “traslazionale”, certamente la collaborazione con la SIRP si potrà estendere anche in un miglioramento della qualità dell’aggiornamento culturale sui temi di attualità scientifica avanzata offerto da Il Pediatra ai suoi lettori.

Silvano Bertelloni, direttore scientifico

Paolo Pegoraro, direttore editoriale