Un lavoro dell’IRCCS Burlo Garofolo con 31 centri pediatrici in Italia ha indicato i segni predittivi più importanti per la diagnosi di COVID-19 in età pediatrica nei primi mesi della pandemia

In anamnesi il contatto con casi accertati, mancanza di gusto e olfatto e presenza di febbre. Sono questi i segni predittivi risultati più importanti per la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 nei bambini. Le altre manifestazioni cliniche risultano simili a quelle di altri virus. A segnalarlo uno studio dell’Irccs materno infantile “Burlo Garofolo” di Trieste con la collaborazione di 31 centri pediatrici italiani, pubblicato sulla rivista Eurosurveillance.

I casi, oltre 2.500 bambini e ragazzi tra 0 e 18 anni di età valutati per SARS-CoV-2 nel corso della prima ondata, tra febbraio e maggio 2020, sono stati raccolti dal Network Pediatrico Covid del Burlo Garofolo, coordinato da Marzia Lazzerini, responsabile del Centro Collaboratore OMS, in collaborazione con la clinica pediatrica diretta da Egidio Barbi.

“I dati dei casi testati provengono da 31 centri pediatrici sparsi su tutto il territorio nazionale, tra cui ricordiamo il Meyer di Firenze, il Gaslini di Genova e l’Ospedale Universitario di Verona”, racconta Marzia Lazzerini. “La febbre è risultata presente nell’81% dei casi, mentre i sintomi respiratori nel 60%. Sintomi neurologici come cefalea, irritabilità, perdita del gusto/olfatto, sono stati riscontrati in circa un bambino su cinque così come sintomi gastrointestinali e sintomi simil influenzali. Sintomi cutanei sono risultati più rari (4%), ma può essere dipeso dal fatto che questi casi non sono sempre indirizzati a un tampone”.

Il lavoro segnala anche la possibilità di sintomi isolati, come solo febbre in 1 caso su 4, solo sintomi respiratori nel 6% dei casi e solo gastrointestinali nell’1%.

“Il senso dello studio era quello di cercare di fornire ai pediatri degli elementi discriminativi aggiuntivi a quelli già noti in letteratura per rafforzare il sospetto clinico”, conclude Egidio Barbi. “In questo senso l’alta numerosità del campione e la natura multicentrica, sostanzialmente nazionale, della casistica rendono queste conclusioni particolarmente forti. Per la diagnosi il ruolo del tampone rimane centrale”.