Una équipe multidisciplinare del Gaslini ha eseguito un doppio intervento salvavita, sul feto e sul neonato

Una malformazione incompatibile con la vita, un’atresia laringea diagnosticata durante la gravidanza. Diverse professionalità si sono unite per realizzare due interventi all’IRCCS Istituto Giannina Gaslini di Genova, di chirurgia fetale prima e sul neonato poi, per far sopravvivere il piccolo.

“L’atresia laringea, che consiste nella presenza di una membrana a livello delle corde vocali a impedire il flusso d’aria versa la trachea, è una gravissima malformazione delle alte vie aeree che comporta la morte neonatale in quasi tutti i casi. A oggi, solo una decina di sopravvissuti sono descritti in tutto il mondo” illustra Michele Torre, responsabile della UOSD Team delle Vie Aeree e Chirurgia Toracica.

La diagnosi era arrivata alla 22esima settimana di gestazione: una diagnosi che “determina condizioni di rischio che portano spesso a morte intrauterina per lo scompenso cardiaco che si accompagna alla dilatazione dei polmoni dovuta alla presenza della membrana laringea”, spiega Dario Paladini, direttore della UOC di Medicina Fetale e Perinatale e della UOC Ginecologia e Ostetricia.

La mortalità fetale per scompenso cardiaco è elevatissima, ed è quindi stato proposto alla coppia da parte dell’equipe multidisciplinare (Chirurgo Fetale, Neonatologi-Rianimatori, Chirurghi delle Vie Aeree ed Otorinolaringoiatri) del Gaslini un approccio sperimentale di chirurgia fetale per ridurre il rischio.

L’intervento di chirurgia fetale

“Questo intervento di chirurgia fetale è stato eseguito solo una volta al mondo prima di quello eseguito al Gaslini, e un secondo intervento simile è stato pubblicato subito dopo la procedura eseguita presso l’ospedale pediatrico genovese”, aggiunge Dario Paladini. “L’intervento è stato illustrato e proposto alla coppia in seduta di counseling multidisciplinare. L’intervento di chirurgia fetale consiste in un accesso fetoscopico alla via aerea e nella perforazione con laser – e successiva dilatazione con pinza miniaturizzata – della laringe atresica (ostruita), il che permette di ridurre la pressione nei polmoni e il rischio di mortalità in utero per scompenso cardiaco”.

La chirurgia fetale è stata eseguita a 29 settimane di gestazione, ristabilendo un primo minimo transito, di piccolo calibro, nelle vie aeree. Per la respirazione autonoma del neonato alla nascita è stato necessario un secondo intervento, come spiega Andrea Moscatelli, direttore della UOC Terapia Intensiva Neonatale e Pediatrica: “In questi casi, anche in caso di avvio spontaneo di travaglio di parto, si può espletare il parto solo attraverso una tecnica molto sofisticata di taglio cesareo chiamata EXIT (Ex-Utero Intrapartum Treatment).

Con questa tecnica, il feto viene estratto parzialmente dall’utero materno e mantenuto collegato alla placenta, che ne consente l’ossigenazione. Ciò permette ai Neonatologi-Rianimatori e ai Chirurghi di ottenere un accesso efficace alle vie aeree, senza che il bambino vada incontro a una sofferenza ipossica. Una volta intubato o, come in questo caso, dopo l’effettuazione di una tracheotomia, il bimbo viene estratto completamente, in quanto il respiro può essere assistito agevolmente attraverso il tubo tracheale o la cannula tracheostomica”.

L’intervento sul neonato

Prosegue il racconto Roberto D’Agostino, direttore della UOC di Otorinolaringoiatria: “Questo tipo di intervento è eccezionale per una serie di motivi: è la prima volta che eseguiamo una tracheotomia in circolazione feto-placentate; il tipo di paziente (prematuro e di basso peso), la necessità di agire in tempi molto ristretti, la difficoltà determinata dall’assenza della ventilazione, l’impossibilità di intubazione preventiva, insieme al difficile riconoscimento dei tessuti in un paziente così piccolo, rendono l’intervento una vera sfida”.

Il piccolo ha poi avuto un decorso respiratorio positivo, ma ha dovuto affrontare una complicanza intestinale tipica dei prematuri, con intervento di chirurgia addominale e ileostomia, e altre problematiche in corso di trattamento. “Il bambino sta bene e cresce ma dovrà affrontare quando sarà più grande un difficile intervento per poter respirare da solo senza la tracheotomia”, conclude Michele Torre.