In cinque studi l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha valutato la risposta alla vaccinazione in diverse tipologie di soggetti fragili

Nei soggetti fragili con immunodepressione l’efficacia dei vaccini contro il SARS-CoV-2 può essere diversa, minore per la patologia presente o per le terapie in corso. L’analisi della risposta vaccinale in soggetti con diversi tipi di condizioni patologiche ed età compresa fra i 12 e i 25 anni è stata effettuata dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma con cinque studi, pubblicati su altrettante riviste.

Gli studi sono stati realizzati dai ricercatori dall’Unità di ricerca di Immunologia Clinica e Vaccinologia nell’ambito del progetto CONVERS e hanno preso in considerazione complessivamente 165 bambini e ragazzi (12-25 anni) con immunodeficienza primitiva (21), trapiantati di cuore/polmone (30 cuore, 2 cuore-reni, 2 polmone), malattia infiammatoria cronica intestinale (30), Sindrome di Down (40) e infezione perinatale da HIV (40). I risultati delle ricerche sono stati pubblicati rispettivamente fra il 2021 e il 2022 su Frontiers in Immunology, Transplantation, Vaccines, Journal Clinical Medicine e Clinical Infectious Diseases. I ricercatori hanno studiato la risposta sierologica alle prime due dosi di vaccino e in tre dei cinque gruppi anche quella cellulare, confrontando poi i dati con gruppi di controllo.

“La maggior parte dei soggetti immunodepressi risponde al vaccino ma in misura minore rispetto ai soggetti sani, con delle differenze da gruppo a gruppo, mentre una percentuale minoritaria non sviluppa purtroppo alcuna forma di immunità al virus. Per questi pazienti fragili è importante intervenire con una strategia vaccinale di rinforzo e personalizzata”, afferma Paolo Palma, responsabile di Immunologia Clinica e Vaccinologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

I risultati principali

In particolare, nei casi con infezione perinatale da HIV (analisi condotta in collaborazione col Dipartimento Pediatrico Universitario Ospedaliero del Bambino Gesù), il 100% ha sviluppato anticorpi specifici per SARS-COV-2, ma significativamente inferiori rispetto al dato medio dei controlli, mentre l’analisi cellulare ha rilevato nell’89% dei casi una mancata di espansione di linfociti T specifici. Nei casi con malattia infiammatoria cronica (condotta col Dipartimento di Pediatrie Specialistiche e Trapianto Fegato Rene), l’analisi sierologica ha mostrato una buona risposta, comparabile al gruppo di controllo, ma nei soggetti che utilizzano farmaci anti-TNF era inferiore in media del 43% rispetto al gruppo con regimi terapeutici immunosoppressivi senza anti-TNF. Nei soggetti con Sindrome di Down (condotta con il Dipartimento di Emergenza, Accettazione e Pediatria Generale) vi era una risposta sierologica, ma comparabile a quella degli adulti di età superiore ai 65 anni. Nei pazienti con immunodeficienza primitiva (condotta col Dipartimento Pediatrico Universitario Ospedaliero), il 14% non ha sviluppato anticorpi e il restante 86% aveva una buona risposta anticorpale ma inferiore al dato medio del gruppo di controllo, mentre l’analisi cellulare ha rilevato l’assenza dei linfociti T specifici nel 24% dei soggetti. Infine, il 31% dei bambini sottoposti a trapianto di cuore e polmone non ha sviluppato anticorpi e nel 69% la risposta anticorpale era significativamente inferiore al gruppo di controllo, mentre l’analisi cellulare (in collaborazione col Dipartimento di Cardiochirurgia, Cardiologia e Trapianto Cuore Polmone), ha mostrato un mancato incremento di linfociti T SARS-CoV2 specifici nel 31% dei pazienti. Tutti gli studi infine sono stati realizzati in collaborazione col Dipartimento di Medicina Diagnostica e di Laboratorio e sono stati registrati solo effetti collaterali transitori e di lieve entità dopo le vaccinazioni.

“La strategia vaccinale va adattata alle specificità di ogni gruppo di pazienti. Alcuni gruppi rispondono meglio a una vaccinazione eterologa, altri hanno bisogno di una formulazione specifica, altri ancora devono rimodulare i trattamenti a cui sono sottoposti e che influiscono negativamente sull’efficacia della vaccinazione”, dice ancora Paolo Palma, e conclude: “In attesa di individuare le migliori strategie vaccinale restano fondamentali le dosi aggiuntive che garantiscono comunque una valida forma di protezione in queste categorie di pazienti. La minore efficacia degli attuali vaccini anti-SARS-CoV-2 nelle diverse tipologie di soggetti fragili conferma inoltre l’importanza della vaccinazione sia dei loro caregivers che della popolazione in generale”.