Una ricerca ha messo in luce le difficoltà dei pazienti con patologie reumatologiche e altre condizioni e dei loro familiari nella transizione dall’età pediatrica all’età adulta

Un salto nel buio, un percorso farraginoso, non strutturato e non supportato anche da un punto di vista psicologico. Il racconto del vissuto di pazienti e di chi si prende cura di loro nel passaggio dal pediatra al medico di famiglia ha trovato spazio in una ricerca* qualitativa e quantitativa, promossa dall’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (APMARR) con la collaborazione della Società Italiana di Reumatologia Pediatrica (REUMAPED).

La ricerca e i principali risultati

Lo studio (‘Fotografia di una Transizione complessa‘) ha coinvolto 694 persone dai 16 ai 75 anni di età: 308 caregiver di persone di 14-20 anni di età con patologie reumatologiche, 300 caregiver di persone di 14-20 anni di età con altre patologie, 86 pazienti di 16 -30 anni. La parte qualitativa della ricerca, composta da oltre 400 minuti di interviste di medicina narrativa, è stata realizzata da APMARR, mentre quella quantitativa dall’Istituto di ricerca WeResearch.

Sei persone su 10 riconoscono che è fondamentale la transizione per la continuità di cura; il 55,3% dei caregiver di persone di 14-20 anni di età ha detto di aver vissuto un percorso positivo, ma l’11,3% ha avuto esperienza di un percorso problematico e difficoltoso. Per il 19,4% delle persone di 16-30 anni di età che hanno già fatto il passaggio, la continuità di cura è difficile per la scarsa comunicazione e coordinamento tra i medici specialisti, i tempi di attesa eccessivamente lunghi e gli aspetti emotivi e psicologici. Le difficoltà principali sono nella mancanza di informazioni sulle modalità della transizione, informazioni che sono incomplete per il 24% degli intervistati e per il 24,7% dei caregiver di persone con una patologia reumatologica e che rallentano il passaggio fra le due figure mediche. I problemi maggiori riportati riguardano la comunicazione della propria storia clinica al medico reumatologo per adulto, gli aspetti procedurali nel passaggio di consegne tra i medici e una percezione di una minore empatia con il nuovo medico.

“La ricerca mette in luce due aree di criticità che rendono la transizione un percorso non sempre semplice: da una parte, i caregiver, soprattutto i genitori, dichiarano di avere spesso informazioni incomplete, dall’altra, le persone affette da patologie reumatologiche in età pediatrica, riferiscono una certa difficoltà nella relazione con gli specialisti sotto il punto di vista comunicativo ed empatico’, ha detto Matteo Santopietro, Senior Market Researcher dell’Istituto di ricerca WeResearch.

Lavorare sulla transizione

Antonella Celano, presidente di APMARR, ha commentato: “La nostra missione è quella di dar voce ai pazienti che soffrono di patologie reumatologiche e portare alla luce le loro esigenze. I principali ostacoli che famiglie e pazienti affrontano nella transizione dal pediatra reumatologo al reumatologo dell’età adulta comprendono la carenza di informazioni chiare su questo processo, una comunicazione spesso non strutturata tra i due medici e il rischio di interruzioni nella continuità terapeutica. Inoltre, la transizione comporta sfide psicologiche e sociali, come l’adattamento a nuovi ambienti medici e la maggiore responsabilità per la propria salute”.

“Le malattie reumatologiche sono frequenti anche in età pediatrica: sono infatti in media 10.000 i bambini che ogni anno sono colpiti da queste patologie, la più comune è l’artrite idiopatica giovanile (AIG). Una diagnosi in tempi utili insieme a precoci e corretti approcci terapeutici possono portare a una remissione clinica della patologia e a una normale qualità di vita. Nel percorso del paziente con patologie reumatologiche ad esordio pediatrico la difficoltà è riconoscerne i sintomi, per questo occorre la presa in carico precoce del pediatra con specializzazione in reumatologia che ne imposterà il percorso terapeutico e lo accompagnerà fino all’età adulta. È quindi essenziale poter avere un percorso di transizione codificato e non lasciato soltanto alla ‘buona volontà’ dei medici”, ha sottolineato Fabrizio De Benedetti, presidente di REUMAPED e direttore della Uoc di Reumatologia e dell’Area di Ricerca di Immunologia, reumatologia e Malattie Infettive dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma.

“Il ruolo del pediatra reumatologo e del reumatologo dell’età adulta, deve essere sempre più al centro del percorso multidisciplinare che coinvolge le persone con malattie reumatologiche. Per questo motivo, siamo al fianco delle associazioni di pazienti per promuovere iniziative, come queste, con l’obiettivo di aumentare la conoscenza sulle patologie reumatologiche non solo dal punto di vista dell’importanza di una corretta interpretazione dei sintomi e di una diagnosi precoce ma anche per sensibilizzare sulla necessità di fornire il migliore percorso di assistenza ai pazienti soprattutto quando l’esordio della patologia è in età giovanile, in modo da accompagnare chi ne soffre fino all’età adulta”, ha concluso Gian Domenico Sebastiani, presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR) e direttore della Uoc Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini di Roma.

*La ricerca è stata presentata a Roma il 5 ottobre, in prossimità della Giornata mondiale delle malattie reumatiche (il 12 ottobre), nel corso del convegno Istituzionale ‘La transizione dall’età pediatrica all’età adulta: un salto nel buio?’ promosso da APMARR e Rare APS ETS.