Irritanti marini e rischio dermatologico nei bambini

Con l’arrivo della stagione estiva, le giornate al mare rappresentano per molte famiglie un’occasione di svago, ma questi momenti apparentemente spensierati possono trasformarsi in esperienze spiacevoli, soprattutto per i più piccoli, a causa del contatto accidentale con organismi marini urticanti.

Negli ultimi vent’anni il Mar Mediterraneo ha subito profonde modifiche ambientali, tra cui l’aumento della temperatura dell’acqua, la diminuzione della biodiversità e l’eccessiva eutrofizzazione, che hanno determinato la proliferazione di specie marine potenzialmente pericolose per l’uomo: in particolare, la temperatura dell’acqua ha raggiunto anche i 30 °C, valore significativo dal punto di vista biologico, che ha alterato l’equilibrio dell’ecosistema marino, favorendo la crescita di organismi urticanti in assenza dei loro predatori naturali.

“Nel corso della mia attività clinica ho avuto modo di osservare numerosi casi pediatrici legati a queste nuove condizioni ambientali”, ha affermato nella propria relazione al XXV Convegno Nazionale Dermatologia per il pediatra svoltosi a Riccione il 23 e 24 maggio u.s. Flavio Magliani, Specialista in Pediatria e Perfezionamento in Dermatologia Pediatrica a Civitavecchia e professore presso l’Università “Guglielmo Marconi” a Roma.

“Uno di questi ha riguardato un bambino del litorale romano, giunto in ambulatorio due giorni dopo un contatto con una medusa: la lesione, inizialmente superficiale, si era successivamente estesa in profondità, coinvolgendo il derma e lasciando esiti cicatriziali visibili a distanza di settimane.

Un altro caso emblematico, osservato in un ospedale del Veneto, è quello di una bambina rimasta immersa in una pozza d’acqua scavata sulla spiaggia dai genitori, che, dopo il pianto improvviso causato da una noxa urticante, versata acqua marina nel tentativo di rinfrescarla, avevano strofinato la zona interessata con sabbia calda, aggravando notevolmente la reazione cutanea.

Questi casi sottolineano l’importanza di una corretta informazione rivolta alle famiglie, affinché evitino manovre che possono rivelarsi dannose”. Tra gli organismi marini urticanti più rilevanti è da segnalare la Pelagia noctiluca, una medusa molto comune nei nostri mari, i cui tentacoli possono superare il metro di lunghezza e che presenta strutture contenenti tossine come congestina, talassina e ipnosina.

Queste sostanze, a contatto con la cute umana, causano reazioni infiammatorie locali e, in alcuni casi, sintomi sistemici in base alla sensibilità individuale e alla quantità di veleno inoculato. Non tutte le meduse sono pericolose, ma alcune, come la Physalia physalis, nota anche come caravella portoghese, rappresentano un rischio maggiore, mentre altre come Rhizostoma pulmo e Cotylorhiza tuberculata sono facilmente visibili e meno dannose.

Il contatto accidentale con queste specie può avvenire facilmente, in quanto i tentacoli risultano spesso invisibili, essendo trasparenti come l’acqua e talvolta lunghi fino a un metro.

“È pertanto fondamentale prevenire il contatto, evitando il bagno in presenza di meduse o residui visibili in acqua, e soprattutto insegnare ai bambini e ai genitori a non toccare gli animali spiaggiati, né i frammenti apparentemente innocui” ha sottolineato Magliani.

“In caso di contatto, la prima misura da adottare è il risciacquo abbondante con acqua di mare, che non attiva le nematocisti residue, a differenza dell’acqua dolce, che può favorire la liberazione del veleno e peggiorare la lesione. È importante non grattare né strofinare l’area colpita e applicare preparati topici lenitivi o astringenti contenenti ad esempio ossido di zinco o cloruro di alluminio, oltre a gestire il dolore con analgesici sistemici nei casi più intensi”.

Reazioni sistemiche come orticaria diffusa o broncospasmo richiedono un trattamento d’emergenza secondo i protocolli allergologici. Oltre alle meduse altri organismi marini urticanti o lesivi sono gli anemoni di mare, attinie con potere urticante assimilabile a quello delle meduse, i ricci, i cui aculei, se non rimossi, possono promuovere lesioni granulomatose, e alcuni pesci dotati di spine tossiche, come tracine, scorfani e razze.

Un organismo recentemente segnalato nel Mediterraneo è Armodice carunculata, noto anche come vermocane, una specie aliena di provenienza tropicale: dopo le mareggiate viene spesso rinvenuto spiaggiato, può raggiungere una lunghezza fino a 60 centimetri: il contatto con le sue setole provoca lesioni cutanee eritemato-pomfoidi assimilabili a quelle causate dalla processionaria terrestre.

Un’ulteriore forma di dermatite, meno nota ma importante nella diagnosi differenziale, è infine la cosiddetta “swimmer’s itch”: si tratta di una dermatite dovuta alla penetrazione transcutanea di larve di trematodi (cercarie), parassiti tipici degli uccelli acquatici, che possono svilupparsi in laghi, fiumi e, in rare occasioni, anche in mari tropicali.

In questi casi, l’uomo è un ospite aberrante: le larve non completano il loro ciclo vitale, ma causano la comparsa di papule eritematose e pruriginose. Il trattamento consiste in una doccia con frizionamento energico e nell’applicazione di pomate antinfiammatorie.

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