Secondo uno studio del Cnr-Ibbc in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ le proprietà della proteina DDX11 possono aprire la strada a nuove strategie di cura
Una funzione che non era ancora nota della proteina DDX11, una DNA elicasi (proteina specializzata nell’aprire la doppia elica del DNA per permettere la replicazione e la riparazione) apre nuove prospettive nella comprensione e nel possibile trattamento di malattie genetiche rare, come la Warsaw Breakage Syndrome, e di disturbi neurodegenerativi come il Parkinson e l’Alzheimer. La scoperta di questa funzione di DDX11 proviene da una ricerca guidata dal gruppo diretto da Francesca M. Pisani, dirigente di ricerca dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Ibbc) in collaborazione con Maurizio Renna, del Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell’Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’. Lo studio è stato pubblicato sulle pagine della rivista Autophagy.
“La proteina DDX11 è mutata nei pazienti affetti dalla Warsaw Breakage Syndrome (WABS), una rara malattia genetica che compromette lo sviluppo fisico e neurologico. La WABS appartiene al gruppo delle coesinopatie, malattie genetiche rare causate da alterazioni del complesso proteico della coesina o delle sue proteine regolatrici, fondamentali perché la divisione cellulare avvenga correttamente”, spiega Francesca M. Pisani.
I ricercatori del Cnr-Ibbc, che avevano eseguito precedenti studi sulla DNA elicasi DDX11 per il suo coinvolgimento nella coesione dei cromatidi fratelli (sister chromatid cohesion), hanno scoperto che è attiva anche nel citoplasma, nella regolazione dell’autofagia. Spiega la prima autrice dello studio Raffaella Bonavita: “Abbiamo osservato che, in assenza di DDX11, le cellule perdono la capacità di formare correttamente gli autofagosomi, le ‘navette’ che trasportano rifiuti cellulari verso i lisosomi per la degradazione. Questo compromette la rimozione di aggregati tossici come quelli contenenti la proteina huntingtin mutata, associata alla Corea di Huntington”.
Inoltre, un altro elemento è l’interazione tra DDX11 e la proteina p62/SQSTM1, un recettore fondamentale per selezionare e caricare le proteine e gli organelli deteriorati negli autofagosomi. “Anche le cellule derivate da pazienti con WABS mostrano un flusso autofagico alterato, rafforzando l’ipotesi che il malfunzionamento dell’autofagia contribuisca alla patologia”, aggiunge Raffaella Bonavita. L’autofagia, riporta il Cnr, è considerata un meccanismo essenziale per la salute del sistema nervoso e la sua alterazione è stata collegata a malattie neurodegenerative, tra cui Parkinson, Alzheimer, SLA e atassia con aprassia oculomotoria di tipo 2 (AOA2).
Conclude Francesca M. Pisani: “Capire come DDX11 regoli l’autofagia potrebbe rivelarsi decisivo non solo per la comprensione delle basi molecolari della WABS, ma anche per lo sviluppo futuro di strategie terapeutiche contro i disturbi neurodegenerativi”.
Il lavoro è stato realizzato con il supporto del progetto europeo CohesiNet (https://www.cohesinet.eu/), dedicato alla biologia della coesina e alle coesinopatie, e del progetto nazionale CNCCS-B (FOE – CNR), centrato sulle malattie rare.