Perché sei un essere speciale… e io avrò cura di te

Nel nostro Paese i bambini stanno diventando una popolazione di cittadini
in rarefazione.

I dati ISTAT relativi ai primi 6 mesi del 2025 indicano un ulteriore calo delle nascite rispetto alle già poche degli stessi mesi del 2024 (-7,0%). Il problema della crescente denatalità è ancora più evidente se si guardano i dati storici sulla composizione della popolazione.

Considerando solo gli ultimi 30 anni, la popolazione minorile italiana si è ridotta di quasi due milioni di unità (-17%), in particolare per quanto riguarda la fascia 0-10 anni (-19%). In prospettiva, è stimato che tra altri 30 anni la popolazione minorile si ridurrà di un altro 20% circa, portandola in totale a poco più di 7.5 milioni (www.istat.it) in assenza di cambiamenti che favoriscano un’inversione di tendenza.

Oltre ad avere importanti ripercussioni dal punto di vista delle dinamiche sociali, questa situazione dovrebbe favorire un concreto ripensamento dell’organizzazione dell’assistenza a infanzia e adolescenza, di fatto ancorata a modelli che hanno avuto la loro origine negli anni ’70 del secolo scorso e che presentano – da anni – aspetti di crisi.

A questo proposito, ha affermato Annamaria Staiano, past-president della Società Italiana di Pediatria: “Quello che emerge dalla seconda edizione del Libro Bianco (dell’assistenza pediatrica in Italia della FIARPED) è che per molti dei “vecchi” problemi non si è ancora trovata una soluzione ma, anzi, alcuni si sono acuiti a causa della pandemia.

Nel nostro Paese continuano a essere presenti importanti disuguaglianze territoriali nella distribuzione delle risorse, nella qualità dell’assistenza e nell’accesso ai servizi”. Nello stesso Libro Bianco si sottolinea che i dati dei ricoveri pediatrici relativi agli anni 2019-2021 mettono in evidenza come negli ospedali generali circa 1 bambino su 4 (26%) nella fascia 0-18 anni venga ancora oggi ricoverato in reparti per adulti.

Il fenomeno ha connotazioni diverse a seconda dell’età: tra 15 e 18 anni ben il 70% finisce con gli adulti; tra i 5 e 14 anni succede al 36% dei minori; tra 1 e 4 anni al 15%, e seppur in percentuale molto ridotta (2,1%) avviene persino ai piccoli di età compresa tra 0 e 12 mesi.

Gli accessi pediatrici al Pronto Soccorso sono in progressivo aumento, soprattutto per codici a bassa priorità assistenziale e non raramente vengono gestiti da medici dell’adulto per la mancanza di pronto soccorso pediatrici h24 in molti ospedali.

Alcune specialità pediatriche non riescono a mantenere gli stessi livelli di assistenza, inducendo il ricorso a specialisti dell’adulto. A livello delle cure primarie, l’assistenza pediatrica territoriale è affidata ai pediatri di famiglia.

L’Accordo Collettivo Nazionale vigente prevede che l’assistenza pediatrica termini al raggiungimento dei 14 anni o a 16 anni di età in caso di scelta dei genitori quando sono presenti malattie croniche o bambini con bisogni speciali. L’esclusività assistenziale pediatrica è però limitata solo alla fascia di età da 0 a 6 anni, mentre dai 6 ai 14 anni l’assistenza può essere fornita dal pediatra di famiglia o dal medico di medicina generale.

Inoltre, i pediatri sono in diminuzione e non riescono a coprire i territori periferici, dove la natalità è bassa, e si tende ad aumentare i massimali compromettendo, in parte, la qualità dell’assistenza (G. De Luca, 2025).

Tutti i bambini sono esseri speciali, che dovrebbero essere tutelati dalla società degli adulti anche attraverso un sistema di presa in carico della loro salute, che tenga conto dei mutati bisogni assistenziali e delle variazioni demografiche, ma comunque omogeneamente assicurato nei vari setting assistenziali da parte del professionista specificatamente formato per loro, perché tutti i Pediatri hanno nella loro “mission” il prendersi cura di tutti i minori, indipendentemente da popolazione di appartenenza, luogo di origine, status socio-economico.

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