Migliorare i risultati del trattamento per la fibrosi cistica con la combinazione di farmaci modulatori di CFTR, agendo sulla degradazione di quest’ultima

Agire con farmaci sui meccanismi cellulari responsabili della degradazione della proteina CFTR mutata nella fibrosi cistica: questa la strategia realizzata dai ricercatori dell’Università di Padova e dal gruppo di Nicoletta Pedemonte dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova, per migliorare la risposta ai farmaci che colpiscono le principali mutazioni responsabili della malattia.

I risultati dello studio, coordinato da Mauro Salvi del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e finanziato dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica-FFC (progetti FFC#11/2019 e FFC#9/2019), sono stati pubblicati sulla rivista Cellular and Molecular Life Sciences (Targeting the E1 ubiquitin-activating enzyme (UBA1) improves elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor efficacy towards F508del and rare misfolded CFTR mutant) e aprono nuove possibilità di efficacia per il trattamento con elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor.

Nei casi di fibrosi cistica con la mutazione più comune, F508del, che determina un difetto della struttura della proteina CFTR rendendola rapidamente riconosciuta come difettosa e distrutta, la combinazione di farmaci modulatori di CFTR si basa sull’utilizzo di tre diverse molecole, che correggono la proteina mutata e ne potenziano l’attività. Tuttavia vi sono differenze individuali nella risposta al trattamento oltre al numero di pazienti con mutazioni diverse che solo in alcuni casi rispondono ugualmente al farmaco.

Potenziare gli effetti del trattamento

“In questo studio abbiamo analizzato quali meccanismi cellulari fosse possibile ‘bersagliare’ per aumentare la stabilità della proteina CFTR in modo da migliorare l’efficacia delle terapie attuali”, raccontano i primi autori dello studio, Christian Borgo e Claudio D’Amore, che proseguono spiegando come la riduzione dell’attività di un enzima, UBA1, comporti un aumento della quantità di proteina CFTR, che può così essere corretta con il trattamento con elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor. “La nostra ricerca ha, inoltre, messo in luce la possibilità di sfruttare la recente molecola TAK-243, già in trials clinici per patologie tumorali, per inibire specificamente UBA1″, aggiungono i ricercatori.

Nicoletta Pedemonte sottolinea come l’efficacia del trattamento combinato di TAK-243 con elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor sia stata “verificata su modelli ex vivo di cellule epiteliali bronchiali e nasali da pazienti con fibrosi cistica, modelli che rappresentano il gold standard per predire l’efficacia di un trattamento farmacologico sui pazienti. Queste prove hanno dimostrato come l’inibizione di UBA1 aumenti significativamente l’efficacia del farmaco”.

Questo approccio potrebbe, quindi, potenziare l’efficacia di elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor, spiega Mauro Salvi, “anche su alcune mutazioni diverse da F508del, come ad esempio la N1303K”. Si unisce Carlo Castellani, presidente del Comitato Scientifico FFC Ricerca, affermando che i risultati dello studio potrebbero ottimizzare gli effetti nei casi che hanno la mutazione F508del e “costituire un primo passo verso l’estensione dell’uso di questo farmaco a pazienti con mutazioni ancora prive di cura o per le quali i trattamenti attuali sono scarsamente efficaci”, obiettivo in linea con ‘Una Cura per tutti’, mission della Fondazione.