Trattamento ipotermico del neonato e outcome neurologico

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L’utilità del “Thompson score” nel predire l’outcome neurologico di neonati con encefalopatia ipossico-ischemica (EII) è stata valutata in un recente studio con l’obiettivo di individuare quei neonati asfittici che potrebbero meglio beneficiare del trattamento ipotermico. I risultati dello studio dimostrano che i neonati con EII e un Thompson score <16 (valutato a 3-6 ore di vita) potrebbero trarre un benefico dall’ipotermi, mentre i neonati con EII e con un Thompson score ≥16 presentano un outcome neurologico sfavorevole indipendentemente dal trattamento ipotermico.

I risultati di trials multicentrici (Toby trial, Neo.Neuro.network, ICE trial) hanno dimostrato che il trattamento ipotermico è una metodica neuroprotettiva sicura, praticabile e soprattutto efficace nella riduzione degli esiti neurologici in caso di asfissia perinatale tanto da essere raccomandato come “standard of care” in caso di EII di grado moderato o severo. Nei Paesi in via di sviluppo il trattamento ipotermico può essere effettuato con strumentazioni rudimentali a basso costo, ma non sempre è associato a un adeguato controllo del dolore. Robertson nel 2008 ha pubblicato su The Lancet i risultati di uno studio pilota condotto in Uganda su neonati asfittici rilevando un tasso di mortalità e di sviluppo di paralisi cerebrali maggiore nei neonati sottoposti a trattamento ipotermico rispetto ai controlli. Infatti, il dolore nel neonato è un fattore di rischio neurologico tale da vanificare l’effetto neuroprotettivo dell’ipotermia. Nei Paesi con risorse economiche limitate individuare i neonati che potrebbero trarre beneficio dall’ipotermia risulta difficile perché prevedere l’outcome neurologico di un neonato asfittico basandosi su parametri clinici o elettrofisiologici valutati a poche ore di vita può risultare inesatto. Ormai da qualche anno infatti è emerso come siano molto più predittive valutazioni elettrofisiologiche effettuate a 24-48 ore di vita. Inoltre esistono forme di EII grave che beneficiano comunque dell’ipotermia consentendo una qualità di vita migliore nei neonati che sopravvivono.

Horn AR, et al. Acta Paediatr. 2013; 102: e378-84.

commento a cura di Matteo Giampietri, Laura Bartalena

UO Neonatologia, Ospedale S. Chiara, Pisa