Il calcolo della quantità di carboidrati assunti rimane un punto chiave della gestione del diabete di tipo 1, soprattutto nell’età della crescita. Per questo il team dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano, composto da Gian Vincenzo Zuccotti, direttore della Clinica Pediatrica, Andrea Scaramuzza, responsabile del Servizio di Diabetologia e dalla dietista Alessandra Bosetti ha messo a punto una App per la conta dei carboidrati assunti con l’alimentazione e il calcolo del bolo di insulina, scaricabile su smartphone. L’applicazione mette a disposizione un database di 250 alimenti, con porzioni divise per fascia di età (prescolare, 6-10 anni, 11-14, oltre i 14). Per ciascun alimento sono indicati grammi della porzione, calorie, quantità di carboidrati, grassi, proteine contenuti, fibre, indice glicemico, più un suggerimento della tipologia di bolo. «Questo strumento, completo e di facile utilizzo, ha la funzione di aiutare la personalizzazione della terapia, perché permetterà di costruirsi un pasto corretto e la terapia. Il simbolo di un semaforo indicherà la correttezza del pasto scelto: verde se la composizione è adeguata dal punto di vista nutrizionale, rosso se sbilanciata» spiega Andrea Scaramuzza. «Negli ultimi vent’anni si è lavorato molto su questo aspetto nella gestione del diabete, poiché non esiste una equazione dose effetto nell’assunzione dell’insulina, ma i fattori in gioco sono molti quali la glicemia, l’alimentazione, il movimento, lo stress, eventuali malattie». E aggiunge: «Dato il tipo d’informazioni fornite e la facilità di utilizzo ne permette potenzialmente un uso anche per i bambini non diabetici con problemi di sovrappeso».
Fondamentale è il contributo del pediatra nella diagnosi precoce del diabete, conclude Scaramuzza: «Ancora troppi bambini e adolescenti arrivano a una diagnosi di diabete dopo un episodio di cheto-acidosi. In molti casi i primi sintomi si manifestano anche qualche settimana prima: sete eccessiva, aumento della quantità di urina, perdita di peso con un adeguato apporto calorico. Il riconoscerli permette una migliore prognosi nel breve e nel lungo tempo».