Accorpamento dei punti nascita sotto i 500 parti l’anno, potenziamento delle Unità di terapia intensiva neonatale e attivazione del servizio di trasporto per l’emergenza neonatale in tutte le regioni. Sono queste le tre proposte della Società italiana di pediatria (SIP) e della Società italiana di neonatologia (SIN) per ridurre la mortalità neonatale, che SIP e SIN sottolineano essere del 30 per cento più alta nelle regioni meridionali rispetto al Nord Italia. “Si tratta di misure in larga parte già previste dall’Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010, ma rimaste drammaticamente inattuate in alcune aree del Paese, con la conseguenza che continuano a permanere differenze inaccettabili fra le regioni italiane nel campo dell’assistenza neonatale e pediatrica”, riferiscono SIP e SIN. L’accorpamento dei piccoli punti nascita, con un basso numero di nati, è chiesto da tempo da SIP e SIN, e favorirebbe la condivisione delle risorse e l’ottimizzazione dei percorsi assistenziali. Le due società scientifiche ritengono auspicabile avere centri con almeno 1.000 parti l’anno. Rispetto alle unità di terapia intensiva neonatale, SIP e SIN riportano come anche quando il numero è sufficiente rispetto ai tassi di natalità regionali, non sempre lo è rispetto ai posti letto: “Ciò dipende da carenze di personale medico e/o infermieristico o da insufficienza di spazi o di attrezzature dedicate e aggiornate sul piano tecnologico. Il gap si avverte soprattutto nelle aree metropolitane in cui si concentrano gravidanze ad alto rischio provenienti da altre province o da territori sprovvisti di terapia intensiva neonatale”. Senza dimenticare una verifica periodica della qualità del servizio. Infine, vi è la richiesta dell’attivazione del servizio di trasporto per l’emergenza neonatale, perché sia presente in tutte le regioni: vi sono ancora vaste aree, anche metropolitane, che ancora non lo hanno, con i conseguenti possibili danni per il ritardo nel ricevere assistenza adeguata. Un servizio di trasporto che preveda ambulanze attrezzate e medici con una formazione specifica per gestire l’emergenza.