Uno studio condotto dall’Irccs “Burlo Garofolo” di Trieste dimostra come anche un prelievo di sangue rappresenti per i bambini con deficit intellettivi una procedura molto più fastidiosa e problematica rispetto ai bambini sani
Anche un semplice prelievo del sangue può rappresentare un’esperienza particolarmente dolorosa e ansiogena per i bambini con disabilità cognitive. Questo perché, a causa del mal funzionamento dell’area corticale che regola i comportamenti cognitivi complessi, non riescono a controllare, esprimere e verbalizzare dolore o paura. A confermarlo è uno studio condotto dai ricercatori dell’Irccs materno infantile “Burlo Garofolo” di Trieste, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista pediatrica europea “Archives of Disease in Childhood”.
https://adc.bmj.com/content/archdischild/early/2020/08/06/archdischild-2019-318695.full.pdf
«Grazie a questa ricerca – dichiara il prof. Egidio Barbi, direttore del Dipartimento di Pediatria del Burlo – abbiamo dimostrato che durante una venipuntura, ovvero un semplice prelievo di sangue venoso, a parità di analgesici somministrati e tecniche di distrazione utilizzate, nei bambini con disabilità intellettive si attivano molte più aree nel cervello rispetto ai bambini sani, sperimentando al tempo stesso più ansia e dolore». La mappatura dell’attivazione delle aree cerebrali è stata eseguita tramite la tecnica di spettroscopia nel vicino infrarosso (Nirs) grazie a un’apparecchiatura di ricerca in dotazione al Burlo che, posizionando degli elettrodi sulla testa del paziente, permette di rilevare diversi livelli di attività cerebrale, che risulta essere maggiore nei bambini cerebropatici. Dolore e angoscia sono stati invece valutati utilizzando diverse scale di dolore validate.
Le cause dei difetti cognitivi possono essere molteplici, come encefalopatie epilettiche, malattie genetiche rare o paralisi cerebrale infantile che portano a difficoltà o impossibilità di espressione verbale, elaborazione cognitiva, apprendimento. In generale questi bambini, anche nella vita di tutti i giorni provano maggiore dolore rispetto ai coetanei sani a causa dei numerosi disagi correlati alla loro condizione, come problemi muscolari, fratture ossee e carie; a risentirne naturalmente è la qualità di vita, infatti oltre il 50% di questi pazienti sperimenta in media 9 ore di dolore settimanali.
«Quanto emerso dallo studio ha permesso di capire che questi bambini – prosegue Barbi –, non solo hanno maggiori cause di dolore, ma difettano di meccanismi cerebrali protettivi per elaborare lo stimolo doloroso e controllarlo, e inoltre faticano a verbalizzare ansia, paura e sofferenza. Questi risultati rappresentano un importante punto di partenza per realizzare protocolli utili a gestire al meglio le procedure dolorose come i prelievi del sangue nei bambini con difficoltà cognitive».
Questa ricerca, strettamente collegata alle attività dei Centri delle Malattie Rare, Cure Palliative e Terapia del Dolore, è frutto di un importante lavoro di squadra dell’Istituto. Insieme ai medici della Clinica Pediatrica infatti, è stato determinante il lavoro dello psicologo della neonatologia Stefano Bembich, della specializzanda Francesca Peri e dello staff infermieristico, che oltre a dedicarsi alla ricerca, ha collaborato con le famiglie dei bambini.