Meno mal di testa con il lockdown

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Uno studio pubblicato sulla rivista Cephalalgia ha evidenziato un miglioramento degli attacchi di cefalea, collegato principalmente alla riduzione dell’ansia scolastica

La cefalea nei bambini sembra aver tratto giovamento nel periodo di lockdown per la pandemia, in particolare in seguito al calo della tensione collegata alla scuola. A rilevarlo uno studio pubblicato sulla rivista Cephalalgia della International Headache Society, condotto dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con nove Centri italiani dedicati alla malattia: Università di Padova, Università dell’Aquila, Università dell’Insubria di Varese, Ospedale Sant’Andrea di Roma, Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile di Via dei Sabelli di Roma, Istituto Besta di Milano, Ospedale San Paolo di Bari e Ospedale Civico di Palermo.

La ricerca ha coinvolto oltre 700 famiglie con bambini e adolescenti di età compresa fra i 5 e i 18 anni, con cefalea primaria (emicrania o cefalea tensiva). Attraverso un questionario anonimo, è stato valutato l’andamento degli attacchi di mal di testa prima e durante le settimane di lockdown, le caratteristiche degli attacchi (frequenza e intensità), le terapie assunte (quali e quanto farmaci), nonché le variazioni dell’umore, degli stili di vita e delle attività scolastiche, proprio per vedere quale impatto avessero questi fattori sulla cefalea.

Si è visto che quasi in un caso su due (46%) la cefalea era migliorata in modo significativo, con una frequenza mensile degli attacchi ridotta in media del 28% (passando da 7 a 5 episodi), arrivando a una riduzione del 40% nelle forme più gravi (da 15 a 9 attacchi al mese). Nel resto dei bambini e ragazzi considerati, il mal di testa era peggiorato nel 15% e rimasto invariato nel 39%.

Viene indicata come causa principale del miglioramento della sintomatologia la riduzione dell’ansia scolastica: punteggi minori nei test sui livelli di ansia, miglioramenti maggiori della cefalea. Nei casi invece in cui è stato registrato un peggioramento degli attacchi vi era un mantenimento dell’ansia collegata alla scuola anche con la didattica a distanza.

Infine, non vi erano differenze significative nella diminuzione degli attacchi fra chi assumeva farmaci entiemicranici (14 % dei casi) e chi invece non era in terapia.

«I fattori emotivi ed emozionali andrebbero sempre considerati quando si propone un trattamento per l’emicrania e per la cefalea di tipo tensivo. È necessario che bambini e genitori siano consapevoli che qualsiasi intervento sui fattori di stress ha più probabilità di essere efficace rispetto ai farmaci attualmente disponibili» conclude Laura Papetti, neuropediatra del Bambino Gesù e primo autore dello studio.