La Società Italiana di Pediatria si sofferma sui diversi aspetti e azioni necessarie per contrastare il fenomeno, in occasione della Giornata dedicata

“Le parole feriscono, molto più di quanto si creda. Soprattutto se la potenza degli insulti arriva tramite il web”. Esordiscono così Elena Bozzola, Segretario Nazionale Società Italiana di Pediatria (SIP), Pietro Ferrara, referente SIP per l’abuso e il maltrattamento, e Giulia Spina, Università Tor Vergata, Roma, in uno scritto dal titolo “Non solo parole, di bullismo si muore”, pubblicato dalla SIP in occasione della Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo (7 febbraio) che approfondisce diversi aspetti del tema, “Perché di bullismo si muore ancora”, affermano a conclusione.

Elena Bozzola, Pietro Ferrara e Giulia Spina riportano come, secondo i dati del Centro nazionale anti cyberbullismo (CNAC), nella fascia di età 11-17 anni in Italia un ragazzo su quattro in Italia sia stato coinvolto in episodi collegati a bullismo e cyberbullismo e i bulli siano sempre più piccoli, iniziando già a 7-8 anni. E la pandemia da COVID-19 ha ulteriormente aumentato, data la modifica delle abitudini di vita imposta dalle restrizioni, il cyberbullismo. Per fortuna c’è però una maggiore consapevolezza, con 4 ragazzi su 10 che temono il cyberbullismo e poco meno di 9 su 10 (85,8%) che pensa siano da denunciare comportamenti persecutori a genitori e insegnanti.

Data la situazione e i rischi, gli autori riportano qualche consiglio per i genitori: far utilizzare smartphone e tablet con la supervisione degli adulti nei più piccoli, e prima ancora dell’uso degli strumenti, informare i ragazzi sui rischi e i pericoli e come tutelare la privacy; prestare attenzione ai campanelli di allarme negli adolescenti, quali per esempio alterazioni dell’umore, uso prolungato o abuso di dispositivi elettronici con difficoltà a lasciarli, disturbi somatici. E viene sottolineato ancora una volta il ruolo degli adulti, con l’importanza del dialogo e del contesto educativo.