Neuropsichiatra, logopedista, osteopata, psicologo e pediatra in un progetto in 14 nidi romani, con l’attenzione ai bambini fra 0 e 3 anni

Individuare precocemente i disturbi del neurosviluppo, nella fascia di età 0 e 3 anni, con uno screening in 14 asili nido sul territorio romano che comprenderà oltre 300 bambini.
Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP), ha presentato il progetto al corso di formazione gratuito promosso dalla SIP e realizzato con l’Istituto di Ortofonologia (IdO), la Fondazione MITE, il Sindacato italiano specialisti pediatri (Sispe) e la Società italiana di neonatologia Lazio (SIN). Questa iniziativa “darà la possibilità di valutare i bambini per cercare di intercettare quelle che possono essere situazioni estremamente precoci e laddove queste situazioni verranno identificate i pediatri potranno indirizzare bambini e famiglie all’Istituto di Ortofonologia che in forma gratuita potrà procedere con eventuali valutazioni”, ha illustrato Alberto Villani, sottolineando come ci si focalizzerà non soltanto sui disagi neurocomportamentali, ma anche sui casi di “bambini che vivono situazioni di disagio economico e sociale. Per loro ci sarà la massima attenzione e, come pediatri, cercheremo di impegnarci al massimo”.

Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’IdO, ha spiegato inoltre che l’attività di screening “rientra in un più ampio progetto di attenzione ai primissimi anni dello sviluppo al fine di individuare vulnerabilità dello sviluppo e, nel caso in cui ci fossero indicatori di patologia, disturbi e disordini del neurosviluppo, per aiutare gli educatori e i genitori a sostenere nel migliore dei modi i bambini”. Neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista, osteopata, in condivisione con il pediatra del nido o con un pediatra della SIP lavoreranno all’interno degli asili nido: “Osservare i bambini nel loro spazio naturale consente non solo di osservare lo sviluppo psicomotorio e lo sviluppo del linguaggio che sta emergendo, ma anche la modalità dei bambini di comportarsi, ad esempio nel momento del pasto, il loro temperamento, l’interazione con i coetanei, con gli educatori che conoscono e, da parte degli educatori, l’interazione con noi estranei che essendo competenti nella materia cercheremo di stimolarli o osservarli- con attenzione anche- alle dinamiche che ci vengono segnalate”, ha spiegato ancora la neuropsichiatra dell’IdO.

L’importanza di una identificazione che sia il più precoce possibile viene sottolineata ancora dal presidente della SIP, che ha puntualizzato come nello stesso tempo sia importante, nel lavoro con gli specialisti, “fare la giusta cernita tra ciò che richiede un interessamento di alta competenza e specificità, rispetto a quello che può essere gestito da un pediatra o che può essere affidato a uno psicologo che ha invece necessità neuropsichiatriche. Una finalità importantissima perché, altrimenti, procedere a macchia d’olio vuol dire fare una serie di diagnosi che non trovano risposte, creando un problema invece di cercare di risolverlo”, e l’attenzione alla fascia 0-3 anni permette di identificare anche problematiche nella popolazione neonatale che “merita attenzione e non sempre gli si riesce a dare nella maniera dovuta”.

Si è unito al tema Andrea Dotta, presidente della SIN Lazio, riportando in particolare due obiettivi: “: “Da un lato l’importanza della precocità della diagnosi, per intercettare i rischi, le eventuali differenze o i disturbi del neurosviluppo; dall’altro il prestare attenzione alla carenza di accessi alle strutture sanitarie”, ha affermato il neonatologo, e aggiunto: ”Abbiamo parlato del neonato pretermine, del neonato cardiopatico, del neonato con asfissia grave, però vi è tutta una fascia di neonati ‘late preterm‘ (prematurità non grave) che non causa necessariamente delle problematiche nelle prime settimane di vita, ma presenta la necessità di un follow up non sempre facile organizzare”. Un richiamo inoltre anche ai casi di ritardata crescita intrauterina, che “rappresentano una categoria a rischio, ma se nati al termine o vicino al termine è difficile che le strutture ospedaliere riescano ad accogliere il loro follow up“, ha detto ancora Andrea Dotta, e concluso richiamando l’importanza di una rete fra i diversi attori: “Deve essere fatta dalle strutture ospedaliere, dai colleghi del territorio e da quelle strutture/ambulatori che possono garantire un approccio standardizzato e qualificato, perché hanno il pregio di poter garantire interazione e follow up adeguati a una categoria di bambini che numericamente non è indifferente”.