Uno studio realizzato da ricercatori dell’Università della Valle d’Aosta ha valutato gli effetti della voce della mamma durante l’esecuzione di procedure dolorose in neonati prematuri

La mamma che parla come antidolorifico quando si devono effettuare prelievi nei piccoli nati prematuri. Secondo i risultati di una ricerca, la voce della mamma che parla riduce i segnali di dolore nei loro bimbi durante procedure che possono essere dolorose.

La ricerca, svolta da un team dell’Università della Valle d’Aosta composto da Manuela Filippa e Mariagrazia Monaci, con la collaborazione di Didier Grandjean dell’Università di Ginevra e dell’Azienda USL Valle d’Aosta e pubblicata su Scientific Reports ha studiato gli effetti di un contatto precoce con la voce della mamma in bambini nati prematuri, presso all’Ospedale Parini-Beauregard di Aosta, con la collaborazione di Carmen Spagnuolo e lo staff infermieristico, di Paolo Serravalle e di Roberta Daniele.

I nati prematuri spesso devono rimanere diverse settimane in terapia intensiva ed essere sottoposti a procedure mediche anche dolorose, ma nello stesso tempo non è possibile utilizzare eccessivamente farmaci analgesici per non interferire con lo sviluppo. Sull’importanza della presenza dei genitori nei reparti di cure intensive sottolinea Mariagrazia Monaci: “Oltre ad esercitare un ruolo protettivo, il loro coinvolgimento nell’aiutare i loro bambini può aiutare a rinforzare il legame di attaccamento essenziale per lo sviluppo infantile che è dato per scontato coi bambini nati a termine ma può essere compromesso dalla condizione di separazione in cui i bambini prematuri affrontano i primi giorni di vita”.

Nella ricerca di modi alternativi per alleviare il dolore, è stato chiesto alle mamme di 20 bambini prematuri di essere presenti durante il prelievo di sangue effettuato quotidianamente dal tallone. Lo studio ha previsto tre fasi in tre giorni diversi, il primo senza la mamma, il secondo con la mamma che parlava a suo figlio e il terzo con la mamma che cantava, iniziando cinque minuti prima e continuando dopo il prelievo. L’ordine di queste condizioni era cambiato casualmente e sono state effettuate videoregistrazioni del prelievo, con codifica delle espressioni facciali del bimbo da parte di osservatori non a conoscenza della condizione (video muto e senza possibilità di capire se la mamma fosse presente); sono stati inoltre misurati indicatori quali battito cardiaco, ossigenazione e livelli di ossitocina (da campioni salivari raccolti prima e dopo il prelievo di sangue).

I risultati delle analisi hanno indicato un effetto di riduzione nella percezione del dolore da parte della voce della mamma quando parla, con diminuzione delle espressioni di sofferenza del bimbo e aumento dei livelli di ossitocina, a indicare una gestione migliore del dolore. L’effetto maggiore della voce parlata rispetto al canto viene spiegato con la diversa intonazione usata dalla mamma, addattata a quello che percepisce in suo figlio, mentre cantando è maggiormente legata alla melodia.

La ricerca ha considerato per ora la voce delle mamme in quanto più facilmente presenti nei primi giorni di vita, ma è previsto un allargamento della ricerca sugli effetti della voce dei papà.