Individuato un biomarcatore per predire la progressione, dopo l’intervento chirurgico, dei gliomi pediatrici a basso grado di malignità

Un biomarcatore in grado di prevedere in quali pazienti operati per un glioma pediatrici a basso grado di malignità vi sarà una progressione del tumore dopo la rimozione chirurgica dello stesso. La segnalazione di questo nuovo biomarcatore proviene da una ricerca internazionale coordinata dal Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza che ha visto la collaborazione tra i dipartimenti di Medicina sperimentale, di Medicina molecolare e di Scienze radiologiche oncologiche e anatomo-patologiche della Sapienza e l’IRCCS Bambino Gesù, l’Ospedale universitario di Heidelberg, l’Università di Aix-Marseille, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e l’IRCCS Neuromed di Pozzilli.

I gliomi pediatrici a basso grado di malignità vengono trattati con l’asportazione chirurgica e nuove terapie sperimentali. In alcuni casi la chirurgia non è sufficiente e vi è una progressione del tumore, ma non vi erano biomarcatori che fornissero indicazioni sui casi in cui tale progressione potesse avvenire “Il nostro studio è il primo sui gliomi pediatrici di basso grado ad aver dimostrato la possibilità di individuare un biomarcatore in grado di identificare i pazienti a rischio di progressione”, spiega Elisabetta Ferretti, del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza, coordinatrice della ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista Biomarker Research.

La segnalazione richiede conferme, ma la possibilità di avere indicazioni sul rischio di progressione del tumore al momento della diagnosi è fondamentale per le decisioni in merito all’approccio medico a questi tumori. “Sebbene l’utilità di questo biomarcatore necessiti di ulteriori conferme, si tratta di un punto di partenza promettente per la definizione iniziale dei pazienti e, soprattutto, riaccende le speranze della comunità scientifica di contribuire allo sviluppo di cure personalizzate nell’ambito della medicina di precisione”, concludono Giuseppina Catanzaro e Zein Mersini Besharat, ricercatrici presso il Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza e prime autrici della ricerca.