Un punto sulle esperienze e sulle prospettive rispetto alla pandemia con le indicazioni di specialisti riuniti in un convegno all’Università Pavia
Quali sono le lezioni lasciate dalla pandemia da COVID-19, quali le conseguenze sulla salute dei bambini e delle bambine e quali le cose da sapere per contrastare la situazione. Le indicazioni degli specialisti, raccolte in un Decalogo ‘Bambini e COVID-19, le 10 cose da sapere’, la condivisione delle esperienze e le prospettive future sono al centro del convegno in programma il 10 novembre all’Università di Pavia (con il contributo non condizionato di Dompé) dal titolo ‘Verso una nuova quotidianità. La lezione del COVID’.
Gli esperti porteranno si confronteranno sull’impatto che SARS-CoV-2 ha avuto su diversi ambiti. Uno fra questi, per esempio, è rappresentato dall’aumento di sovrappeso e obesità, ricordato da Gian Luigi Marseglia, Professore Ordinario di Pediatria Direttore Clinica Pediatrica e Scuola di Specializzazione in Pediatria Università degli Studi di Pavia: “Dati internazionali hanno definito questa situazione la seconda pandemia. Isolamento, scarsa attività fisica, restare molte ore in casa attaccati al computer, avere sempre il frigo a portata di mano, tutto ciò ha portato nei giovani un aumento eccessivo del peso. Secondo i più recenti dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, pubblicati nel Rapporto Obesità 2022, emerge che il 59% degli adulti europei e quasi 1 bambino su 3 (29% dei maschi e 27% delle femmine) risulti affetto da sovrappeso od obesità, proprio in considerazione del maggior consumo di comfort food e dello stile di vita sedentario durante il periodo di lockdown”, ha illustrato Gian Luigi Marseglia, sottolineandone le conseguenze: “Quando si è acquisito il sovrappeso, bisogna fare di tutto per perderlo. Sovrappeso e obesità comportano l’insorgenza di una serie di problematiche che si rifletteranno in età adulta con diabete, ipertensione e tanti problemi che saranno destinati a rimanere in età adulta”.
Raffaele Badolato, Professore Ordinario di Pediatria Direttore Clinica Pediatrica e Scuola di Specializzazione in Pediatria Università degli Studi di Brescia, porta l’attenzione sulle difese immunitarie: “Ci sono molte spiegazioni biologiche sulla diversità nella risposta immunitaria nei bambini rispetto agli adulti, ma in sostanza si può solo sottolineare che i bambini hanno una capacità innata di proteggersi dalle nuove infezioni, capacità che si riduce negli adulti e anziani. Perciò nei soggetti adulti che sviluppano per la prima volta il Covid-19, la malattia assume manifestazioni più sintomatiche. In termini di malattia, la caratteristica peculiare dei bambini è la possibilità di sviluppare la sindrome infiammatoria muti sistemica, condizione invece più rara nell’adulto. Si osserva da 2 a 6 settimane dall’infezione. È legata alla risposta di tipo autoimmune che si osserva in un limitato numero di soggetti in età pediatrica”, afferma Raffaele Badolato, mentre sul tema vaccinazioni puntualizza: ““Non esiste al momento un vaccino che prevenga l‘infezione, ma i vaccini disponibili sono efficaci nel ridurre il rischio di ricovero o di malattia grave. Per queste ragioni è quindi consigliabile vaccinare i bambini ed effettuare i necessari richiami vaccinali”.
Prevenzione e terapia
Un chiarimento rispetto alla possibile evoluzione di SARS-CoV-2, considerando le mutazioni intercorse, viene da Fausto Baldanti, Direttore UOC di Microbiologia e Virologia Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia, Direttore Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia, Università degli Studi di Pavia. “Come per altri virus osservati nella storia, il virus si adatterà col tempo all’organismo umano e l’organismo umano a sua volta si adatterà al virus. Quindi il virus tenderà a tramutarsi in uno dei tanti virus respiratori che affliggono le stagioni fredde. Ma quali siano i tempi di questo evento non lo sappiamo, perché è la prima volta che lo osserviamo. Non si sa se questa evoluzione avverrà nell’arco di un anno o di più tempo. Sicuramente la vaccinazione accelera questo processo perché stimolando la risposta immunologica in tutti i soggetti, costringe il virus ad adattarsi più velocemente”, racconta Fausto Baldanti. “Quello che osserviamo con la variante Omicron, oltre alla elevata capacità di infezione, è una più ridotta capacità di creare forme gravi. Infatti, se confrontiamo le forme severe relative alla Omicron e quelle relative alle prime varianti arrivate in Italia in assenza totale di memoria immunologica nella popolazione, la differenza è evidente. Tuttavia, non si deve dare mai nulla per scontato e si deve sempre tenere la guardia alta”.
“Ora abbiamo un armamentario terapeutico che ci permette di gestire la malattia”, si unisce parlando di trattamento Raffaele Bruno, Professore Ordinario di Malattie Infettive Università degli Studi di Pavia Direttore Clinica di Malattie Infettive Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia. “Si va dagli antivirali alle terapie monoclonali, oltre che a tutta la terapia sulla parte infiammatoria. Il cortisone e altri antinfiammatori che vengono usati per altre patologie: questi farmaci si sono rivelati utili anche nei casi di Covid-19. Dal 2020 è cambiato il mondo, c’è stata un’evoluzione impressionante da quando siamo partiti con questa pandemia ai giorni nostri”.
Una nuova quotidianità
Fra gli insegnamenti lasciati dalla pandemia trova spazio l’aver messo in luce le difficoltà e le risposte del sistema, come evidenzia Alessandro Venturi, Presidente della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia: “Il Covid ha sicuramente messo in evidenza due facce della stessa medaglia. Da un lato la fragilità della sanità territoriale, dall’altro il valore dei grandi Ospedali. Le riflessioni non possono che partire da quanto accaduto al Policlinico San Matteo, già nelle prime ore di quella che sarebbe divenuta un’emergenza sanitaria mondiale: un ospedale di ricerca che ha fronteggiato la pandemia assistendo e curando pazienti positivi al Covid, continuando a gestire le urgenze e le patologie non procrastinabili, anche nel momento più critico e di maggior affollamento. Se oggi, a 987 giorni di distanza da quel 20 febbraio, stiamo tornando alla normalità lo dobbiamo ai vaccini e al considerevole sforzo di ospedali di ricerca come il San Matteo”, afferma Alessandro Venturi, e conclude: “Stiamo andando verso una nuova quotidianità e stiamo guardando alla sanità del futuro che deve avere come unico obiettivo la valorizzazione della ricerca per migliorare le cure per i pazienti; per innovare i percorsi di cura, anche da un punto di vista diagnostico; per arrivare ad approcci clinico-terapeutici sempre più personalizzati. Solo così potremo rispondere in maniera sempre più mirata ai bisogni di salute dei cittadini”.