Testimonianze di docenti, sanitari, medici e genitori alla presenza delle autorità scolastiche e sanitarie regionali, in un convegno a Trieste

Parlare e confrontarsi sull’esperienza della Scuola in ospedale, fondamentale per il percorso di cura dei pazienti pediatrici, ripercorrendo la storia e l’attualità, con le testimonianze dirette di sanitari, medici e genitori, filmati e fotografie, alla presenza delle autorità scolastiche e sanitarie regionali. L’occasione è stata il convegno “La scuola in Ospedale e l’Irccs Burlo Garofolo – Un’alleanza che cura in Pediatria” svoltosi al Liceo Classico Dante Alighieri di Trieste.

I primi passi della Scuola in ospedale in Italia sono stati percorsi nel 1925 e le prime sezioni ospedaliere risalgono al 1950, presso il Policlinico Umberto I di Roma. Una legge del 1971 e, in via definitiva una circolare del 1986, hanno istituzionalizzato la scuola in ospedale, con la possibilità di aprire sezioni ospedaliere per la scuola primaria, riporta l’Irccs “Burlo Garofolo”, dove l’attività è iniziata con una prima classe nel 1989/90, nel reparto di Oncoematologia. L’offerta è via via aumentata, con quasi 400 bambini (322 al Burlo) seguiti dalla scuola dell’infanzia sino alla scuola media superiore con 5.000 interventi didattici (3.000 al Burlo) nell’anno scolastico 2021-2022.

“La Scuola in ospedale è scuola a tutti gli effetti e permette a bambini e ragazzi ospedalizzati di continuare a studiare, senza perdere l’anno e rimanendo in contatto con la propria classe”, ha raccontato Fabia Dell’Antonia, Dirigente Scolastica del Liceo Classico Dante Alighieri e coordinatrice della Scuola in ospedale a livello regionale. “Oltre a proseguire il percorso scolastico, i ragazzi ammalati possono impiegare il proprio tempo in ospedale anche con attività creative e ludiche; la Scuola in ospedale realizza infatti un’alleanza terapeutica tra i docenti, il personale sanitario dell’Irccs Burlo Garofolo e le Associazioni che vi operano, con l’obiettivo del ben-essere di chi è ammalato grazie all’intreccio tra istruzione, sanità e arte nel percorso di cura”.

Un’attività di sostegno alla normalità

“In Italia ogni anno ricevono una diagnosi di malattia oncologica circa 1.500 bambini e 900 adolescenti e grazie ai progressi scientifici più dell’80 per cento di questi pazienti guarisce con un costante miglioramento nel corso degli ultimi decenni. Il numero di nuove diagnosi è rimasto costante nel tempo con 40-45 nuovi casi/anno di tumore in età pediatrica attesi nella nostra Regione e tra questi predominano sempre le leucemie acute, i linfomi e i tumori del sistema nervoso centrale”, ha spiegato Marco Rabusin, direttore del reparto di Oncoematologia dell’Irccs “Burlo Garofolo”, e aggiunto: “Una diagnosi di tumore in età pediatrica rappresenta un momento critico per la famiglia che si trova ad affrontare un impegnativo e spesso imprevisto percorso sanitario, ma soprattutto per il paziente, sia esso bambino o adolescente, che dovrà affrontare numerose sfide legate all’accettazione della malattia che determinerà frequenti ospedalizzazioni, possibili modifiche dell’aspetto fisico, ma soprattutto una temporanea ma rilevante modifica del proprio progetto di vita con interruzione delle relazioni sociali e scolastiche per un periodo di circa un anno”.

È stato sottolineato il rischio di fallimento scolastico dei pazienti con patologia oncologica, che si correla con la gravità della malattia e l’incidenza degli effetti collaterali dati dai trattamenti: “Da qui nasce l’importanza di poter organizzare e sostenere un’attività didattica sia all’interno dell’ospedale che al domicilio perché questa svolge una funzione terapeutica sul piano psichico, un sostegno all’investimento nel futuro del paziente, aiuta a mantenere un senso di normalità e riduce la sensazione di isolamento e fragilità”, ha detto ancora Marco Rabusin. “L’intervento scolastico all’interno dei reparti ospedalieri presenta delle peculiarità, è spesso caratterizzato da una lezione a un singolo studente, si svolge prevalentemente all’interno della stanza di degenza e deve tenere conto dei molteplici impegni ‘sanitari’ che il paziente ha durante la permanenza in ospedale e per questo motivo richiede un personale docente particolarmente motivato e preparato”.

Donatella Fontanot, responsabile per l’IRCCS “Burlo Garofolo” della Scuola in ospedale, ha richiamato l’attenzione sul lavoro dell’ospedale per la scuola, riportando “che l’ospedale grazie alle sue proprie peculiari richieste, bisogni e opportunità, tra queste la capacità di connettere tra loro istituzioni ed Enti del Terzo settore, consente di sperimentare innovazioni didattiche. Al riguardo mi preme ricordare che nei mesi del primo lockdown, da marzo a giugno 2020, quando l’Italia intera è entrata in Dad (didattica a distanza) i docenti della scuola in ospedale sono stati i meglio attrezzati, i più preparati perché già avevano sperimentato queste modalità (per es. per l’insegnamento coi ragazzi immunodepressi)”.

Il diritto-dovere all’istruzione

“L’obiettivo è quello di mettere i giovani ricoverati nelle condizioni di poter proseguire lo sviluppo di capacità e competenze e di vedere riconosciuto il loro diritto-dovere all’istruzione. Ma non solo. Gli insegnanti in ospedale affiancano i pazienti nel percorso di cura, mettendo bambini e ragazzi in una condizione emotiva e psicologica che gli permetterà di affrontare con più serenità il loro vissuto in ospedale. È un gioco di squadra che vede uniti medici, infermieri, docenti, famiglie e scuola di appartenenza, per preparare i nostri pazienti al ritorno a casa e a scuola. E insieme a loro tante associazioni che aiutano il Burlo non solo a offrire ai nostri pazienti le migliori cure, ma anche le migliori condizioni per affrontare il loro difficile percorso”, ha affermato Paola Toscani, direttore sanitario dell’Irccs “Burlo Garofolo”, e concluso: “Una attività talmente importante che abbiamo fortemente voluto proseguisse con la presenza dei docenti anche durante le restrizioni legate alla emergenza pandemica, pur garantendo la sicurezza di bambini e insegnanti”.