Un ottimale stato nutrizionale in età pediatrica rappresenta il presupposto per una crescita somatica e psico-intellettiva sana. A questo proposito, il modello ICP (infancy, childhood, puberty) proposto da Kalberg (1987) individua in una corretta alimentazione il fattore più importante per la crescita del bambino nei primi anni di vita, pur mantenendo una rilevante importanza anche negli anni successivi, dove i fattori ormonali giocano un ruolo predominante. Purtroppo, i segnali che vengono dagli studi epidemiologici indicano, invece, che i disturbi della nutrizione continuano a essere un preoccupante problema della popolazione minorile.
Come altre volte sottolineato su questa Rivista, l’Italia è uno dei Paesi europei con il più alto tasso di obesità infantile in Europa. I più recenti dati ISTAT (dicembre 2022) relativi al biennio 2020-21 riportano una percentuale complessiva di minori sovrappeso/obesi del 27% (età 3-17 anni) – in pratica 1 bambino su 3 – e in incremento rispetto al biennio precedente (25,6%). Gli stessi dati dimostrano una percentuale di bambini in sovrappeso di circa il 33% già nella fascia 3-5 anni, praticamente quella che riceve solo assistenza pediatrica, suggerendo che i fattori ambientali giochino un ruolo maggiore rispetto all’educazione nutrizionale offerta dagli specialisti del bambino.
A partire dagli 11 anni si ha una progressiva riduzione della percentuale di obesità (23% tra 11-13 anni; 16.8% tra 14-17 anni), ma si osserva anche una netta differenziazione di genere con valori più elevati di circa 10 punti nei maschi, che dimostrano quindi di essere più vulnerabili al protrarsi dell’eccesso ponderale oltre l’età pediatrica e necessiterebbero di maggiore attenzione nei percorsi di transizione alla medicina dell’adulto.
In un suo recente intervento (4th Italian obesity barometer report), Mariacarolina Salerno, Presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, ha sottolineato che le attuali evidenze dimostrano come diversi adolescenti obesi presentino una condizione di prediabete o diabete tipo 2, dislipidemia, steatosi epatica non alcolica, ipertensione arteriosa, configurando un quadro di sindrome metabolica già nei minori.
Tale situazione epidemiologica sta portando all’adozione di terapie farmacologiche (v. il Pediatra 1/2022, pag. 42) e/o alla chirurgia bariatrica, mentre il ricorso a queste linee di trattamento si riteneva sconsigliato o da riservare a casi eccezionali fino a pochi anni fa (Salvatoni A., 2001). Un recente articolo rivolto principalmente alla medicina dell’adulto (Campanini E. Approccio integrato alla sindrome metabolica. Medicina integrata, febbraio 2023) pur rimarcando che la prevenzione rappresenta la migliore arma terapeutica, mette in evidenza che a volte anche le medicine complementari possono rappresentare efficaci strategie alternative, che noi pediatri dovremmo culturalmente approfondire ed eventualmente valutare prima di arrivare al farmaco per una condizione che ormai è un’emergenza sociale.
Ma i problemi nutrizionali dei bambini non sono quelli in eccesso. Come ben si evince dall’analisi di alcuni articoli della letteratura internazionale (v. pag. 4), i deficit di vitamine e oligolementi rimangono una problematica rilevante della salute infantile. Come per l’obesità le fasce più disagiate della popolazione ne sono maggiormente affette. A questo proposito non si devono dimenticare i bambini dei paesi poveri e i numerosi migranti che arrivano nel nostro Paese, che avrebbero bisogno di un maggiore impegno in politiche di supporto internazionale per favorire un miglioramento delle loro condizioni nutrizionali e di conseguenza una più ottimale crescita psico-fisica.