Pubblicati i dati della prima terapia genica con cellule CAR T sulle forme gravi di neuroblastoma

Una risposta al trattamento che ha superato il 60% e un aumento significativo della probabilità di sopravvivere senza malattia rispetto all’attesa di vita senza altre cure. Sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati della prima terapia genica con cellule CAR-T, progettata all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, per il trattamento delle forme più gravi di neuroblastoma, uno studio realizzato anche grazie ai finanziamenti ricevuti da AIRC, Ministero della Salute, AIFA e Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma.

Si tratta di una sperimentazione sviluppata in Italia, progettata e condotta da medici e ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù coordinati da Franco Locatelli (responsabile dell’area di ricerca e area clinica di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico del Bambino Gesù, e Professore Ordinario di Pediatria presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore), che ha coinvolto l’Officina Farmaceutica, le aree di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico e Diagnostica di Immagini. I pazienti che hanno partecipato, 27 casi provenienti da tutta Italia, sono stati coinvolti fra il 2018 e il 2021, avevano un’età compresa tra 1 e 25 anni e un neuroblastoma recidivato e/o resistente con già una storia di numerosi tentativi di cura.

I pazienti sono stati trattati con l’infusione di cellule CAR T modificate con un costrutto di terza generazione, denominato GD2-CART01. Rispetto alle CAR T di seconda generazione (approvate per l’uso clinico in leucemie, linfomi e mieloma), a seguito di un lavoro sperimentale pre-clinico, è stato aggiunto un secondo dominio costimolatorio, una combinazione di molecole che accresce l’efficacia e la persistenza dei linfociti T ingegnerizzati; inoltre, è stato inserito il gene suicida (Caspasi 9 Inducibile o iC9), quale misura di sicurezza, per bloccare l’azione dei linfociti T modificati per effetti indesiderati non controllabili con le convenzionali misure farmacologiche.

La sperimentazione ha previsto una prima fase in cui sono state valutate la sicurezza e la tollerabilità del farmaco, e una fase 2 di valutazione dell’efficacia del trattamento e della durata nell’organismo delle cellule modificate.

I risultati dello studio

Al termine dello studio, il 63% dei pazienti ha risposto al trattamento, la metà di loro in remissione completa di malattia, e cresce la probabilità di sopravvivenza a 3 anni (60% dei casi) e di sopravvivere senza evidenza di malattia (36%). Infine, rispetto alla permanenza nell’organismo delle cellule geneticamente modificate, si è visto che persistono fino a 2-3 anni dall’infusione (sostenendo nel tempo l’efficacia terapeutica).

Per migliorare l’efficacia del trattamento, Concetta Quintarelli e Francesca Del Bufalo spiegano inoltre: “proveremo ad aggredire simultaneamente una popolazione di cellule del sistema immunitario chiamate MDSC (myeloid derived suppressor cells) che inibiscono l’azione antitumorale mediata dai linfociti T. Abbiamo, infatti, evidenza che, tanto più alto è il numero delle MDSC, tanto minore è l’efficacia delle cellule CAR T. È dunque ragionevole ipotizzare che ci sia un beneficio nell’infondere simultaneamente le cellule CAR e nell’impiegare farmaci che eliminino le MDSC”.

Guardando al futuro

I risultati ottenuti aprono al possibile utilizzo delle cellule CAR T nella terapia dei bambini con neuroblastoma sia con alle spalle uno o più tentativi terapeutici sia con una nuova diagnosi con caratteristiche di alto rischio. E quanto riscontrato mostra un’efficacia delle cellule CAR T anche nei tumori solidi, aprendo la possibilità anche per altri tumori solidi.

Per replicare i risultati della sperimentazione sul neuroblastoma del Bambino Gesù su una scala più ampia è allo studio una sperimentazione estesa ad altri Centri a livello europeo; infine, in una sperimentazione che inizierà, le cellule CAR T contro la molecola target GD2 verranno utilizzate in pazienti pediatrici e giovani adulti con vari tipi di tumore cerebrale.

Conclude Franco Locatelli: “È la prima volta a livello internazionale che uno studio sull’uso delle CAR T contro i tumori solidi raggiunge risultati così incoraggianti e su una casistica così ampia. Finalmente abbiamo un’arma terapeutica in più che può essere impiegata per il trattamento dei bambini che ricevono una diagnosi di neuroblastoma”.