Uno studio pubblicato su Lancet Microbe fa il punto della situazione sulla persistenza nell’organismo del virus o di alcune sue parti

Cosa comporta, in età pediatrica, la persistenza di SARS-CoV-2 nell’organismo, o di parti di esso e qual è la patogenesi delle alterazioni biologiche associate alla condizione definita Long Covid, con segni e sintomi che rimangono a distanza dall’infezione acuta del virus responsabile di COVID-19. Su questi aspetti si è concentrato il lavoro, pubblicato su Lancet Microbe, di Danilo Buonsenso, docente di Pediatria all’Università Cattolica e dirigente medico dell’Unità Operativa Complessa di Pediatria della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, che con i colleghi ha cercato di fare il punto sul tema.

“In questa ricerca abbiamo analizzato le attuali conoscenze sulla persistenza di parti del virus Sars-CoV-2 nei bambini, dopo la fase acuta dell’infezione. Partendo dalle osservazioni che dimostrano come il virus possa persistere negli adulti, abbiamo effettuato una revisione della letteratura e analizzato gli studi che hanno cercato l’Rna o gli antigeni di Sars-CoV-2 nei bambini deceduti per Covid-19 o sindrome infiammatoria sistemica, o che fossero stati sottoposti a biopsia o intervento chirurgico per vari motivi”, racconta Danilo Buonsenso. “Abbiamo condotto questa analisi perché ci sono crescenti evidenze che negli adulti la persistenza del virus in diversi organi possa essere la chiave per la comprensione e il trattamento del Long Covid”.

I ricercatori hanno indicato che nei bambini, durante la fase acuta dell’infezione, SARS-CoV-2 può diffondersi in tutti gli organi, dove può rimanere per settimane o mesi. E questo indipendentemente dalla gravità del quadro iniziale.

“Alla luce di questi risultati in questo lavoro siamo dunque andati a riesaminare le attuali conoscenze sugli effetti biologici della persistenza virale nel corso di altre infezioni virali e abbiamo evidenziato nuovi scenari da esplorare tramite la ricerca clinica, farmacologica e di base”, aggiunge Danilo Buonsenso, e conclude: “Ci auguriamo che lo studio che abbiamo appena pubblicato fornisca le basi per migliorare la comprensione e la gestione delle sindromi post-virali, tra le quali il Long Covid, e guidi il disegno di futuri studi volti ad analizzare queste condizioni”.