L’11 ottobre scorso si è tenuta la Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze, istituita dall’ONU nel 2011. In questa occasione, Terre des Hommes ha presentato il Dossier “La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo” (2023). Paolo Ferrara, Direttore generale di questa organizzazione, ha commentato che “I dati del Dossier quest’anno sono particolarmente allarmanti perché, in quasi tutti gli ambiti esplorati, il trend di peggioramento iniziato durante gli anni del Covid sembra non arrestarsi e i numeri certificano che in Italia e in tutto il mondo le bambine e le ragazze vivono ancora in una condizione di inferiorità rispetto ai coetanei maschi”.

Nel nostro Paese, il dato relativo alla sola violenza sui minori mostra una crescita rispetto all’anno precedente del 10% del numero delle vittime in termini generali. Il peggioramento maggiore riguarda le violenze sessuali, cresciute del 27%.

L’approfondimento sul genere delle vittime mette in evidenza che il sesso femminile risulta nettamente prevalente nell’ambito dei reati collegati alla violenza e allo sfruttamento sessuale: 70% per la pornografia minorile, 73% per l’adescamento di minorenni, 79% per gli atti sessuali con minorenne, circa 90% per le varie forme di violenza sessuale (Servizio analisi criminale, Direzione centrale Polizia criminale). Recenti tristi fatti di cronaca – a volte perpetrati dagli stessi minorenni maschi nei confronti di bambine e ragazze – purtroppo confermano quanto descritto nel Dossier.

Lo squilibrio nei confronti del sesso femminile in vari tipi di reato, in particolare in quelli considerati “spia” delle violenze di genere, è confermato anche sulla popolazione presa nel suo complesso: nei dati dello stesso Servizio analisi criminale, le ragazze e le donne sono oltre l’82% delle vittime di maltrattamenti perpetrati da familiari e conviventi e oltre il 92% dei casi di violenze sessuali.

Persistono poi altre situazioni patologiche, che trovano spesso la loro origine nel sociale e che coinvolgono totalmente o maggiormente il sesso femminile. Solo per citarne alcune (a volte riconducibili a migranti per cui si crea uno iato culturale tra famiglia e figlie cresciute in un contesto “occidentale”): mutilazioni dei genitali femminili, problematiche di accesso all’istruzione e abbandono scolastico, matrimoni precoci combinati dai genitori (che possono esitare in situazioni estreme), gravidanze indesiderate e salute riproduttiva, salute mentale, eccessivo uso dei media elettronici, disturbi medici e psichici legati ad attività sportiva troppo competitiva o eccessiva per una minore, bullismo reale o virtuale.

Nella sua mission di “tutore della salute” di bambini e adolescenti nel più ampio senso che questo termine indica, il Pediatra deve sentire il compito di individuare precocemente situazioni di fragilità anche legate al genere dei suoi assistiti, sia nel corso di visite occasionali sia durante i bilanci di salute programmati, che non dovrebbero essere una mera registrazione di parametri fisici e auxologici, ma anche l’occasione per individuare condizioni legate a un disagio sociale o familiare, che possono sfociare in situazioni patologiche organiche o psicologiche.

Ricordava Roberto Burgio (Adolescentologia: percorsi medici e socio-educativi, Tecniche Nuove, 2011) la necessità che il Pediatra si occupi pienamente anche di educazione finalizzata alla crescita della cultura della salute, ispirata al rispetto totale della persona indipendentemente dal genere, dal paese di origine, dagli orientamenti in tema di affettività.

Perché solo bambini cresciuti sani nel corpo e nella mente possono essere il presupposto per una Società sana, che permetta il pieno rispetto dei diritti delle minorenni, una concreta parità di genere e l’assenza di discriminazioni, violenze e stigma legate al genere a cui un individuo si sente di appartenere.