Un metodo innovativo dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per comprendere meccanismi che causano le malattie metaboliche e sperimentare nuove terapie
Fegati espiantati da pazienti con malattie metaboliche e tenuti in vita artificialmente con macchine per la perfusione extracorporea mantengono inalterate funzionalità e caratteristiche patologiche: una sperimentazione che ha trovato spazio sulle pagine della rivista Journal of Inherited Metabolic Disease.
Il metodo innovativo è stato messo a punto e testato da medici e ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, sotto la guida di Marco Spada, responsabile di Chirurgia epato-bilio-pancreatica e dei trapianti di fegato-rene, e di Carlo Dionisi Vici, responsabile di Malattie metaboliche ed epatologia. Questo modello potrà aiutare a capire meglio i meccanismi alla base delle malattie metaboliche, sperimentare nuove terapie in maniera più efficace e anche, nel futuro, guarire fegati malati prima del trapianto o farli crescere affinché siano adatti a pazienti più grandi.
La vita dopo il trapianto
L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è uno dei centri di riferimento internazionali per il trapianto di fegato e dal 2008 sono stata effettuati 400 trapianti epatici, di cui circa 90 per malattie metaboliche. La struttura riporta una sopravvivenza perioperatoria (che comprende la fase preoperatoria, l’intervento chirurgico e la fase postoperatoria) del 100% e a lungo termine per i pazienti con malattie metaboliche tra il 96% e il 97%.
“Studi da noi pubblicati dimostrano che i pazienti sottoposti a trapianto”, spiega inoltre Marco Spada, “non solo vedono risolti molti dei problemi legati alla loro patologia, ma dimostrano anche un significativo miglioramento dello sviluppo intellettivo e una riduzione del carico della malattia”. Si unisce Carlo Dionisi Vici: “Abbiamo applicato tecniche avanzate di neuroimaging per misurare lo spessore della corteccia cerebrale e abbiamo riscontrato un aumento dopo il trapianto. Ciò dimostra che, riducendo la tossicità della malattia metabolica, il cervello ha la possibilità di svilupparsi in maniera ottimale”.
I risultati della ricerca
Lo studio pubblicato ora ha riguardato sette fegati espiantati da pazienti con disturbi del ciclo dell’urea (UCD) e acidemie organiche (OA), sottoposti a trapianto epatico per la loro patologia. Gli organi espiantati sono stati tenuti in vita grazie con una macchina per la perfusione extracorporea normotermica che ha fornito ossigeno e una soluzione con globuli rossi umani, plasma fresco congelato, soluzione salina, albumina, nutrienti essenziali, antibiotici, eparina ed elettroliti. Parametri vitali e metabolici (inclusi flussi, pressioni, livelli di lattato e glucosio, produzione di bile e profili biochimici e ematologici) sono stati monitorati durante la perfusione. Gli organi hanno mantenuto la vitalità, la funzione e i profili metabolici specifici della malattia, e il modello si presta per studiare nuovi trattamenti, in quanto risponde agli interventi terapeutici in un ambiente ‘fisiologico’ simile a quello del corpo umano.
“Fino ad oggi, l’unica alternativa era rappresentata da modelli animali o sistemi cellulari che non ricostruiscono la complessità dell’intero organo. Il nostro modello colma questa lacuna, consentendo di valutare con maggiore precisione l’efficacia e la sicurezza delle terapie prima della sperimentazione clinica”, racconta Marco Spada.
“Grazie a questo approccio possiamo comprendere meglio le malattie metaboliche e testare nuovi farmaci mirati alla cura di queste malattie”, aggiunge Carlo Dionisi Vici. “Il concetto di compartimentalizzazione metabolica diventa fondamentale: ogni organo ha un ruolo specifico e il fegato è un target cruciale per molte terapie innovative”.
La strada aperta verso il futuro
Se al momento il fegato espiantato con la perfusione extracorporea può essere mantenuto in vita fino a una settimana, l’obiettivo è di aggiungere funzioni come la dialisi per prolungarne la vitalità. Dice ancora Marco Spada: “Nel nostro studio, ci siamo fermati dopo 72 ore poiché il modello aveva già dimostrato il suo funzionamento. Tuttavia, il potenziale di sviluppo è ampio e potrebbe rivoluzionare non solo la ricerca sulle malattie metaboliche, ma anche il campo dei trapianti”. Possibilità che si potrebbero aprire al di là delle malattie metaboliche, come spiega, concludendo, Carlo Dionisi Vici: “In prospettiva, si potranno rigenerare porzioni di fegato per essere trapiantati, modificare le caratteristiche immunologiche degli organi per ridurre l’uso di farmaci immunosoppressori e persino curare fegati danneggiati da steatosi epatica per renderli idonei al trapianto. Le potenzialità sono enormi”.