Al Bambino Gesù effettuata una procedura innovativa per curare la grave cardiopatia di un giovane paziente nato con il cuore a metà

Un intervento di cardiologia mininvasiva effettuato all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, con una procedura innovativa, per un giovane seguito presso la struttura fin da piccolo, nato con il cuore a metà, senza il ventricolo destro.

La chirurgia tradizionale rappresentava un’opzione ad altissimo rischio per il paziente, per il malfunzionamento della valvola mitrale e il superlavoro del cuore anomalo: la procedura di riparazione del difetto con impianto trans-catetere di 3 clip valvolari è stata eseguita (avuto il via libera del Comitato Etico dell’Ospedale e del Ministero della Salute) da un’équipe del Bambino Gesù con il supporto di esperti internazionali.

Nei pazienti con un cuore univentricolare che raggiungono l’età adulta possono comparire complicanze importanti come un’insufficienza valvolare grave, con un peggioramento della funzione cardiaca, che può richiedere un trapianto o portare al decesso. Il giovane operato aveva già subìto interventi cardiochirurgici complessi per costruire un sistema di circolazione alternativo (di Fontan), che porta il sangue dalle vene cave direttamente ai polmoni, senza passare dal cuore. Tale situazione porta con sé un superlavoro continuo per l’organismo e il cuore e la necessità di controlli per tutta la vita.

L’intervento

Il paziente aveva sviluppato un’insufficienza mitralica grave, con un rischio importante di scompenso cardiaco e di morte, ma l’intervento chirurgico tradizionale (unica possibilità oltre al trapianto) nel suo caso è stato considerato troppo rischiosa. Il team del Bambino Gesù composto da cardiologi interventisti, cardiologi del congenito adulto, cardiochirurghi, radiologi, ingegneri, anestesisti, ha dunque deciso di eseguire una procedura mininvasiva trans-catetere per l’impianto di 3 clip a rinforzo della chiusura della valvola mitralica.

L’intervento è stato eseguito con manovre non standard e per una via di accesso inusuale, attraverso il condotto di Fontan, dopo una pianificazione preoperatoria e studi di fattibilità con modelli 3D del cuore univentricolare e simulazioni virtuali. La procedura è stata effettuata dall’équipe guidata da Gianfranco Butera, responsabile di Cardiologia Interventistica del Bambino Gesù, con il supporto dei Matthew Gillespie del Children’s Hospital of Philadelphia e di Francesco Maisano dell’Ospedale San Raffaele di Milano, e sotto la guida ecocardiografica di Claudia Montanaro, responsabile di Cardiologia del Congenito adulto del Bambino Gesù.

L’intervento è stato eseguito con manovre non standard e per una via di accesso inusuale, attraverso il condotto di Fontan, dopo una pianificazione preoperatoria e studi di fattibilità con modelli 3D del cuore univentricolare e simulazioni virtuali. Racconta Gianfranco Butera: “La particolarità dell’intervento è stata proprio la necessità di passare attraverso il condotto di Fontan per arrivare alla valvola mitralica che, in questo tipo di pazienti, presenta caratteristiche anatomiche molto diverse rispetto a quelle di un cuore normale. Abbiamo dovuto adottare manovre non convenzionali per garantire il corretto posizionamento delle clip e ottenere la massima efficacia”. L’insufficienza mitralica da grave è stata ridotta a un livello inferiore al lieve e il paziente è stato dimesso a 6 giorni dall’intervento, con una netta riduzione della terapia farmacologica.

Il futuro

Il caso apre la strada a nuove possibilità di cura. “L’ospedale ha strutturato un team multidisciplinare che si occupa in modo sistematico di questo tipo di patologie rare e complesse. Stiamo costruendo un programma di riferimento per l’Europa che possa offrire nuove possibilità terapeutiche ai pazienti con condizioni altrimenti non trattabili o curabili con elevati rischi chirurgici”, dice ancora Gianfranco Butera.

Conclude Claudia Montanaro: “Il miglioramento dei trattamenti che si è ottenuto negli ultimi venti anni ha ampliato le opzioni di vita per i pazienti nati con cardiopatie congenite che oggi riescono facilmente a raggiungere l’età adulta. Ne derivano però nuovi problemi e nuove sfide, molte delle quali ancora sconosciute. È necessaria la presenza di professionisti dedicati e specializzati per seguire questi pazienti con opzioni innovative”.

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