Riportati i risultati delle quattro regioni italiane coinvolte dal progetto pilota D1Ce, interessate dall’esecuzione di screening pediatrici del diabete tipo 1 e della celiachia
Riduzione del 26% dei casi di chetoacidosi diabetica e del 49% di quelli gravi in Lombardia, Marche, Campania e Sardegna, le quattro regioni coinvolte nel progetto pilota D1Ce (Diabetes type 1 and Celiac disease Screen Study), interessate dall’esecuzione di screening pediatrici del diabete tipo 1 e della celiachia. Ne parlano in un comunicato congiunto la Società Italiana di Diabetologia ed Endocrinologia Pediatrica (SIEDP) e la Fondazione Italiana Diabete (FID), che hanno riportato i dati pubblicati sulla rivista Diabetes, Obesity and Metabolism, sull’impatto degli screening istituiti con la Legge 130/23.
La SIEDP ha condotto uno studio retrospettivo, che ha come co-autrice la FID, sull’incidenza della chetoacidosi diabetica in esordio di malattia in 58 centri pediatrici italiani, nel 2023 e nel 2024; sono state comparate le quattro regioni coinvolte nello studio D1Ce, propedeutico all’applicazione della Legge 130, con quelle non coinvolte. Su 2.398 nuove diagnosi di diabete di tipo 1, è stata osservata una riduzione del 26% della probabilità di presentare chetoacidosi alla diagnosi e del 49% della probabilità di chetoacidosi grave nei bambini residenti nelle regioni partecipanti al D1Ce. Inoltre, viene segnalato che l’effetto era già presente nel 2023 prima che iniziasse lo screening vero e proprio, a dimostrazione del ruolo cruciale della formazione dei pediatri e della sensibilizzazione delle famiglie.
“I dati sono chiari: nelle regioni dove è stato avviato il progetto di screening, i bambini hanno avuto una probabilità significativamente più bassa di arrivare alla diagnosi di diabete in chetoacidosi, anche grave”, ha affermato Valentino Cherubini, Presidente SIEDP e primo autore dello studio. “È un segnale inequivocabile che la prevenzione funziona e che il coinvolgimento e la formazione dei pediatri fa la differenza”.
Nicola Zeni, Presidente FID, ha commentato: “Abbiamo voluto questa legge perché troppi bambini arrivano tardi alla diagnosi e, con le loro famiglie, affrontano il trauma di un esordio con complicanze gravi. Oggi, grazie a questo nuovo studio, abbiamo l’ulteriore dimostrazione che il nostro impegno ha già salvato delle vite. È necessario iniziare ad applicare la legge in tutte le Regioni italiane il prima possibile”.
Sull’effetto ottenuto già prima dell’inizio dello screening, ha sottolineato il principal investigator dello studio Andrea Scaramuzza: “È un risultato che va oltre le aspettative: non è stato solo lo screening in sé, ma il cambiamento culturale tra i medici e nelle famiglie a ridurre soprattutto i casi gravi”.
Francesca Ulivi, Direttore Generale di FID e tra gli autori della pubblicazione, ha così concluso: “Questo studio dimostra che l’unione tra fondazioni, scienza, medicina specialistica e del territorio, politica e persone con diabete può migliorare la salute pubblica. Continueremo a lavorare non solo per rendere la chetoacidosi diabetica una rarità in Italia, affinché nessun bambino muoia ancora per una mancata diagnosi o ne porti le conseguenze a vita, ma anche per fare in modo che il diabete di tipo 1 si possa finalmente prevenire e guarire”.