Secondo uno studio pubblicato su Pediatric Nephrology, nella diagnosi di infezione delle vie urinarie in molti casi si può evitare l’ecografia renale

Nei bambini con un primo episodio di infezione delle vie urinarie in gran parte dei casi si potrebbe evitare l’ecografia renale, attualmente prevista da linee guida nazionali e internazionali, per escludere malformazioni renali. A indicarlo uno studio dell’Irccs “Burlo Garofolo”, pubblicato sulla rivista Pediatric Nephrology.

“Le infezioni delle vie urinarie sono un evento frequente nei bambini e l’esecuzione dell’ecografia è la procedura standard, considerato anche il fatto che è un esame assolutamente non invasivo”, hanno affermato Egidio Barbi, direttore della Clinica Pediatrica, e Marco Pennesi, nefrologo, dell’Irccs “Burlo Garofolo”, che hanno condotto lo studio, durato cinque anni. “Tuttavia, si tratta di un esame che impegna tempo e risorse del sistema sanitario e dei genitori che devono accompagnare i bambini (facendo viaggi ad hoc e chiedendo permessi di lavoro) e che grazie al nostro studio si dimostra quasi sempre superfluo”.

Il lavoro ha coinvolto 263 bambini e dimostrato che l’agente associato più spesso alle infezioni delle vie urinarie è l’Escherichia Coli, germe che si associa a un rischio bassissimo di malformazioni renali; invece la presenza di agenti quali pseudomonas o enterococco, insieme a febbre che non risponde dopo 2-3 giorni di terapia comportano un rischio maggiore di malformazioni renali. Secondo lo studio appena pubblicato l’analisi dell’urinocoltura e la risposta ai primi giorni di terapia potrebbero evitare il ricorso inutile all’ecografia renale.

“Se applicato in maniera universale a livello nazionale, calcolando l’incidenza dei primi episodi di infezione delle vie urinarie, questo approccio permetterebbe un risparmio stimato alcuni milioni di euro all’anno per il Sistema Sanitario Nazionale, da poter destinare ad altre necessità più cogenti, senza contare le spese per tempo e spostamenti di ogni famiglia”, spiega ancora Egidio Barbi. “In più questo protocollo meno invasivo permetterebbe, sempre in sicurezza, di risparmiare anche un numero consistente di cistografie minzionali, esame decisamente più fastidioso, che prevede l’utilizzo del catetere, comprensibilmente mal sopportato dai bambini”.

Egidio Barbi conclude sottolineando tuttavia che “questo approccio si può applicare a bambini in cui l’infezione delle vie urinarie risponde prontamente con sfebbramento alla terapia antibiotica e a bambini nati in Paesi ad alte risorse, come l’Italia, e che possono, quindi, fruire di una valutazione ecografica prenatale e di un sistema di cure (la Pediatria di Famiglia) ad alto livello di qualità di vigilanza e assistenza”.