Un’interrogazione alla Camera e una al Senato perché sia chiarita la situazione di una legge di otto anni fa ancora non applicata. Uno scenario drammatico: la morte improvvisa di un figlio, i perché dei genitori e la paura che possa ripetersi, il ruolo delle parti tra medicina e magistratura. Il quadro è complesso e la storia lunga, come spiega Gaetano Bulfamante, anatomopatologo dell’AO San Paolo di Milano. «La definizione di SIDS (Sudden Infant Death Syndrome) non è solo di un infante che muore improvvisamente, ma di un soggetto apparentemente sano la cui morte rimane inspiegata dopo l’autopsia e gli altri accertamenti attuati. Se si trova un’emorragia cerebrale o una polmonite anche misconosciute in vivo, non è una SIDS: essa non è un punto di partenza ma di arrivo, condizione molto rara ma ancora inspiegabile. Dunque subito dopo l’evento tragico si è di fronte a una SUID (Sudden Unexpected Infant Death), cioè la morte improvvisa e inaspettata di un infante, che non è detto sia una SIDS». La causa della SUID molte volte può essere spiegata eseguendo precisi protocolli diagnostici, centrati sull’autopsia anatomopatologica. Oggi, tuttavia, la SUID rappresenta un dramma doppio: «Le famiglie affrontano la SUID pensando a una problematica medica ‒ continua Bulfamante ‒ ma la morte di un bambino non ospedalizzato, apparentemente sano, obbliga il Pubblico Ministero a indagine d’Ufficio per escludere un reato. Si giunge così a un dramma nel dramma: i genitori che hanno appena perso un bambino sono i primi indagati, di omicidio o inadeguata sorveglianza di minore. A questo punto la lettura del caso non è più medica ma medico-legale, se non unicamente di polizia giudiziaria: gli accertamenti non sono più indirizzati a definire la patologia che ha causato la morte ma solo a escludere che vi sia stato un reato; i dati emersi sono vincolati al segreto istruttorio e il Magistrato è libero di decidere cosa fare e cosa no, senza vincoli». In questo quadro assai delicato si è inserita nel 2006 una legge (n. 31 del 2 febbraio 2006), come ricorda Bulfamante: «Essa mira a far sì che in tutti i casi di SUID vengano eseguite indagini mediche mirate a capire le cause del decesso. Per renderla attuativa era necessario un protocollo operativo che spiegasse nella pratica cosa e come fare, che un anno fa ha trovato l’approvazione del Consiglio Superiore di Sanità. La difficoltà era trovare una sintesi tra necessità mediche e di Giustizia e separare con chiarezza l’ambito diagnostico, a carico del SSN e da garantire a tutte le SUID, da quello di ricerca, da riservare alle vere SIDS e non a carico obbligatorio del SSN, cosa realizzata dal Gruppo di Lavoro del Ministero della Salute che ha messo a punto questo protocollo, superando le criticità di un altro presentato in passato e bocciato. Ora il protocollo c’è, ma è fermo, il Ministro non ha ancora firmato. In più potrebbero esserci altre tappe burocratiche, come l’approvazione della Conferenza Stato-Regioni, che rappresenteranno ulteriori scogli alla resa operativa della legge». Le interrogazioni parlamentari portano l’attenzione su una legge in stallo da anni: «Io credo che in questo momento sia più che giusto che le associazioni dei familiari e il mondo medico stimolino la conclusione del processo: ora il protocollo c’è e almeno alcune Regioni sono pronte a recepirlo e iniziare a valutare come applicarlo localmente» conclude Bulfamante.