Bambini da non dimenticare

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Migliaia di migranti sono arrivati quest’anno in Italia, prevalentemente con “barconi” attraverso il canale di Sicilia. Tra questi migranti, sono ormai presenti anche migliaia di minori “non accompagnati”, cioè separati da entrambi i genitori o da un tutore adulto. Alcuni hanno una qualche protezione da parte del gruppo con cui hanno affrontato il viaggio, ma nella maggioranza si tratta di ragazzi e ragazze completamente soli. Gli adolescenti sono percentualmente il gruppo più consistente, ma sono presenti in quantità non irrilevante anche bambini di età inferiore ai 10 anni. Numeri certi ufficiali non esistono; alcune stime indicano in oltre 10.000 minori la dimensione del “problema”, almeno più del doppio di 4 anni fa. Non pochi sono inoltre deceduti in mare. Questa drammatica situazione è stata favorita dalle disastrose situazioni sociali di diverse aree del Nord Africa e del Medio Oriente, in cui si sono sviluppati alcuni sanguinosi focolai di quella che è stata definita la “Terza Guerra Mondiale” (Papa Francesco).

Questo importante fenomeno migratorio sta indubbiamente generando nuovi interrogativi su come affrontarlo, sia per il peso che ha sui sistemi locali di accoglienza – a volte non in grado di offrirne una dignitosa – sia per il minore “solo”, che risulta esposto a molteplici rischi che possono riguardare tanto la salute materiale e l’integrità psico-fisica quanto le opportunità di sviluppo psico-sociale e educative (rapporto Save the Children). A questo proposito non si possono trascurare né il rischio di sfruttamento in attività delinquenziali o in lavori “al nero” – soprattutto nei ragazzi più grandi – né quello di possibili fenomeni di “tratta”, in quelli più piccoli e nelle adolescenti. Emerge quindi sempre più la necessità di garantire un’effettiva tutela dei diritti fondamentali dei minori migranti riconosciuti in ambito legislativo dal Testo Unico sull’Immigrazione oltre che previsti dalla Costituzione e dalle Convenzioni Internazionali, anche se la prassi giurisdizionale non li applica in maniera omogenea (Tognoni A, Quaderni ACP, 2014).

In questo ambito si colloca anche l’aspetto più propriamente sanitario, che deve tenere conto dei diritti alla salute del singolo bambino e della comunità di accoglienza. Per i singoli bambini, oltre alle acuzie legate ai disagi materiali del viaggio migratorio (denutrizione, disidratazione, ecc.), si dovrebbe prevedere a una presa in carico che tenga conto delle varie dimensioni che concorrono alla salute (medica, psicologica, socio-educativa) anche in rapporto all’età e al background etnico e culturale (Gruppo di Studio per il bambino immigrato – SIP), in modo da favorirne l’integrazione e uno sviluppo futuro armonico nei luoghi di seconda accoglienza mediante l’adozione di procedure periodicamente aggiornate e omogenee su tutto il territorio nazionale (Rapporto CRC 2014). Gli interessi relativi alla salute della comunità vanno di pari passo con quelli del singolo, in quanto un minore a cui sia assicurata una “care” adeguata, compresa la prevenzione di malattie acute e croniche (somatiche e psicologiche), non sarà un “rischio” per il luogo d’accoglienza e determinerà anche un minor aggravio sui fattori di spesa.

I vari aspetti non sono di facile risoluzione, anche per “paure” alimentate da nuove epidemie (vedi il caso Ebola) e nuovi “scontri di civiltà” unitamente alla più volte ricordata scarsità delle risorse, che mette a rischio l’intero sistema di tutela a infanzia e adolescenza con aumento delle diseguaglianze.

Su queste nuove “criticità” Il Pediatra intende offrire qualificati approfondimenti, come l’intervista di questo numero al Garante per l’infanzia e adolescenza, al fine di implementare quella cultura “pedocentrica” a tutto tondo, che non può non essere presente nel nostro DNA professionale.

Silvano Bertelloni