Registro italiano delle trombosi infantili: i primi risultati

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Paolo Simioni
Paolo Simioni

Sono stati presentati i primi risultati del RITI, il Registro italiano delle trombosi infantili che raccoglie sistematicamente i casi italiani di trombosi in pazienti da 0 a 18 anni, permettendo a tanti medici di condividere le proprie conoscenze così da arrivare a una migliore definizione delle possibilità di diagnosi e cura.

A oggi sono 156 i medici appartenenti a 51 Centri in15 regioni italiane che utilizzano il RITI, attivo dal 2007 grazie al finanziamento di ALT, Associazione per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolari.

«Il registro è nato da un disagio dei medici specializzati nell’ictus dell’adulto chiamati dai pediatri a curare la patologia nei bambini» spiega Paolo Simioni, Dipartimento di Medicina Università di Padova. «Troppo spesso la diagnosi di trombosi nei giovani e nei bambini avviene in ritardo, perché il medico fa fatica a capire di trovarsi di fronte a un ictus o a un’embolia arteriosa periferica in un neonato».

Dai dati raccolti è emerso che la trombosi nei bambini colpisce soprattutto a livello cerebrale, sotto forma di ictus ischemico (153 casi) e trombosi dei seni venosi cerebrali (143 casi), più frequentemente i maschi (60% maschi, 40% femmine), intorno ai 4-6 anni. Solo 6 casi su 100 vengono diagnosticati entro le 3 ore necessarie a impostare una cura efficace, in oltre 60 casi su 100 la diagnosi avviene tardi, dopo 24 ore. Questo fa sì che la trombosi possa compromettere le funzioni neurologiche aumentando la probabilità di deficit neurologici permanente e invalidanti. «Il RITI ha permesso inoltre di evidenziare che in 40 bambini su 100 è stato riscontrato un difetto ereditario del sistema della coagulazione del sangue» continua Simioni. «A ciò si aggiungono 79 casi di trombosi venosa profonda, soprattutto dell’arto inferiore, che ancora una volta ha colpito prevalentemente i maschi, soprattutto i neonati entro i primi 8 giorni di vita e fra1 e 5 anni (32 casi su 100)».