I dati scientifici confermano la sicurezza di ibuprofene

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La prescrizione per febbre e dolore del bambino è sicura anche nella fase epidemica

 

In questo difficile nonché delicato periodo in cui la pandemia da COVID-19 non frena la sua corsa, la gestione e il trattamento di febbre e dolore nel bambino ha un alleato in termini di sicurezza ed efficacia: l’ibuprofene ha evidenziato, infatti, un buon livello di sicurezza certificato dalle Linee guida e dalla letteratura scientifica.

Anche autorevoli istituzioni quali l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) si erano già espresse in merito con la raccomandazione che non esistono ragioni per sospendere il trattamento già avviato con ibuprofene, pertanto pazienti e medici possono continuare a utilizzare il farmaco in sintonia con quanto previsto dalle Linee guida.

Va sottolineato, inoltre, che l’ibuprofene è uno dei pochi farmaci su cui sono stati condotti studi di correlazione con il COVID-19 che hanno avvalorato l’approccio sicuro della molecola che sembra, inoltre, manifestare anche effetti benefici.

 

Gli studi scientifici avvalorano la sicurezza dell’ibuprofene anche in correlazione al COVID-19

Le ricerche scientifiche pubblicate in questi mesi al riguardo hanno chiarito la questione sgombrando il campo da ogni dubbio circa una correlazione tra l’ibuprofene e il peggioramento della malattia da SARS-CoV-2 e confermando quindi il profilo di sicurezza del farmaco.

Tra questi lo studio osservazionale multicentrico di Bruce e colleghi, condotto in otto ospedali britannici su adulti ricoverati per COVID-19, valutando l’associazione tra l’utilizzo di routine dei Fans e gli esiti clinici dei pazienti non ha rilevato nessuna associazione tra l’assunzione né una maggiore mortalità. Inoltre, si è visto che potrebbe esistere un modesto effetto benefico nell’utilizzo dei FANS in termini di maggiore sopravvivenza.

Anche il lavoro clinico di Choi e colleghi ha valutato l’impatto di alcuni farmaci, incluso l’ibuprofene, esaminando una coorte di 293 pazienti coreani con COVID-19 e concludendo che la loro assunzione non rappresenta un fattore di rischio associato alla progressione della malattia.

Ancora più circostanziato risulta l’articolo pubblicato dall’équipe di Rinott che, con uno studio di coorte retrospettivo su 403 casi confermati di COVID-19 (età media 45 anni), ha monitorato l’utilizzo dell’ibuprofene da una settimana prima della diagnosi di COVID-19 per tutto il decorso della malattia, misurando come outcome primari la mortalità e la necessità di supporto respiratorio, comprese ossigenoterapia e ventilazione meccanica. L’analisi dei casi, di nuovo, non ha evidenziato un aumento del rischio di mortalità né la necessità di supporto respiratorio nei pazienti trattati con l’ibuprofene: tra i pazienti con febbre che avevano assunto esclusivamente l’ibuprofene, non è stato osservato un eccesso di mortalità né la necessità di supporto respiratorio, che è invece risultata maggiore nel gruppo paracetamolo. Anche questo trial dunque ha confermato che l’utilizzo dell’ibuprofene non è correlato a un peggioramento dei risultati clinici rispetto sia al paracetamolo sia all’assenza di antipiretici.

La review narrativa di Smart e colleghi, sulla base di una letteratura necessariamente limitata per motivi di tempo, non ha rilevato interazioni dirette tra l’ibuprofene e l’infezione da SARS-CoV-2. Negli studi condotti sull’uomo, scrivono gli autori, non sono emerse evidenze che l’ibuprofene influisca sulla regolazione dell’enzima 2 di conversione dell’angiotensina; inoltre, sulla base di studi in vitro, si può ipotizzare che il farmaco inibendo l’NF-kB potrebbe avere un ruolo nel ridurre la cascata infiammatoria o il rilascio di citochine nei malati di COVID-19. Anche questo studio pertanto esclude che l’ibuprofene possa aggravare la malattia o aumentare la possibilità di infezione da SARS-CoV-2.

Imam e colleghi hanno invece valutato i predittori di mortalità di COVID-19 in un’ampia coorte (1.305) di pazienti ospedalizzati negli Stati Uniti, per lo più di sesso maschile e con morbilità associate, con uno studio retrospettivo condotto lo scorso marzo. In questo gruppo di malati l’età avanzata e il numero delle comorbidità sono predittori indipendenti di mortalità intraospedaliera mentre l’utilizzo dei FANS (oltre di altri medicinali quali gli Ace inibitori) prima del ricovero non è associato a insufficienza renale né a un aumento della mortalità.

Alla luce di questi recenti e mirati dati scientifici, oltre che della solida bibliografia pregressa che ne ha documentato l’efficacia e la sicurezza, l’ibuprofene può essere utilizzato nel trattamento della febbre e del dolore del bambino anche nella fase di emergenza sanitaria da COVID-19.