Il quadro su mortalità infantile e accessi alle cure mostra importanti diversità dal Nord al Sud del Paese

“Gli ultimi dati Istat relativi al 2017 mostrano che il tasso di mortalità infantile nella Penisola è di 2,75 per 1.000: meno di 3 bimbi su 1.000 muoiono nel primo anno di vita. Inoltre, la mortalità neonatale (i bambini che muoiono nei primi 28 giorni di vita) rappresenta il 70% della mortalità infantile, indicando che le prime settimane di vita, in particolare la prima, sono il momento più critico dell’esistenza. Però nel Sud e nelle Isole i tassi di mortalità sono più elevati rispetto al Centro e al Nord, tanto che un bambino che nasce nel Mezzogiorno ha il 47% delle probabilità in più di morire rispetto a chi nasce al Nord Est”. I dati che mostrano una separazione fra diverse zone d’Italia sono riportati da Mario de Curtis, già ordinario di Pediatria dell’Università La Sapienza nonché Direttore dell’Unità di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Umberto I di Roma e attualmente componente del Comitato per la Bioetica Società Italiana di Pediatria (SIP).

L’occasione per fare il punto sullo stato dell’arte rispetto alla salute dei bambini italiani è stata la conferenza lincea ‘Bambini e disuguaglianze’, nella quale ha parlato de Curtis. “Se l’Italia nel 2017 avesse avuto la stessa mortalità infantile che si registrava al Nord Est, sarebbero sopravvissuti nel primo anno di vita 195 bambini al Sud e nelle Isole, 5 al Centro e 36 al Nord Ovest”, ha affermato, aggiungendo che “su 10mila bambini che nascono ogni anno, la Sicilia, la Calabria e la Campania guadagnano la bandiera nera, mentre la Toscana, il Veneto e l’Emilia Romagna si mostrano come le più virtuose”.

Rispetto alle cause possibili alla base di tali differenze, Mario de Curtis osserva che sono legate ai problemi di ordine economico, sociale e organizzativo e ha indicato: “Se osserviamo la mortalità neonatale per distress respiratorio (problematica che può essere presente nei neonati pretermine) vediamo che chi nasce al Mezzogiorno ha tassi di mortalità molto più elevati rispetto a chi nasce al Nord e al Centro. Eppure, nascere in sicurezza è un diritto sancito con l’accordo Stato-Regioni del dicembre 2010, in cui venne programmata la razionalizzazione/riduzione dei punti nascita con un numero di parti inferiore a 1.000/anno”.

Gli effetti della pandemia

Fra i diversi temi affrontati, il neonatologo si è soffermato anche sulla situazione collegata alla pandemia da COVID-19, con anche le conseguenze indirette su accesso a prevenzione e cure: “Sono stati 150mila i bimbi positivi dall’inizio della pandemia e le manifestazioni cliniche più importanti sono emerse nel primo anno di vita. Sono deceduti 8 soggetti dagli 8 ai 19 anni che presentavano già gravi e preesistenti patologie. Il COVID ha segnato una riduzione delle vaccinazioni del 30%, una riduzione delle attività dei pronto soccorso fino all’80%; un ritardo diagnostico di patologie gravi (-33% tumore pediatrico); un aumento dei disturbi psichiatrici; la sospensione delle terapie; e un aumento di sovrappeso e obesità”. De Curtis ha riportato anche i dati relativi alla natimortalità nella regione Lazio, dove “da marzo a maggio 2020 non solo la natalità è diminuita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma abbiamo registrato anche un aumento della natimortalità di 3 volte superiore non legato al fatto che le mamme avessero il COVID, ma causato da un rinvio dei controlli da parte delle mamme durante la gravidanza per la paura del contagio. Anche nel lockdown le donne gravide devono controllarsi, è importante identificare precocemente le alterazioni per evitare effetti tragici”.

Garantire le cure palliative

Infine, è stato posta l’attenzione, fra diversi altri aspetti che toccano la vita, la salute e la malattia dei bambini, anche sul tema delle cure palliative: “In Italia esistono 35mila bambini inguaribili, ma solo il 15% di questi accede alle cure palliative che per loro rappresentano l’unica risposta possibile. Anche in questo caso il Mezzogiorno paga il prezzo maggiore. Esistono solo 6 hospice pediatrici nel Paese e occorre creare una rete periferica per l’assistenza. Su questo il Comitato nazionale bioetico ha presentato una mozione; serve un impegno etico e sociale a favore dei soggetti più fragili”, ha concluso de Curtis.