I tassi in età pediatrica restano alti e non scendono, con un aumento di rischio di patologie in età adulta
Se negli ultimi anni non vi è più un incremento nell’incidenza di obesità e sovrappeso, i numeri restano sempre alti, con “tassi molto elevati e preoccupanti che tendono con difficoltà a scendere”, ha affermato Emanuele Miraglia del Giudice, professore ordinario di Pediatria dell’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’Università della Campania, facendo il punto sulla situazione in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità (4 marzo) sul sito della Società Italiana di Pediatria (SIP).
Riprendendo le valutazioni ministeriali di OKkio alla Salute, Emanuele Miraglia del Giudice prosegue sottolineando i numeri: “Tassi che ci permettono di dire che in Italia circa il 30% dei bambini dai 7 ai 9 anni ha un peso superiore rispetto a quello che dovrebbe avere. Inoltre, un bambino obeso dai 7 ai 10 anni di vita ha l’80% delle probabilità di essere obeso anche da adulto, il triplo delle possibilità di essere da adulto affetto da diabete di tipo 2 e sempre il triplo delle possibilità di morire per un accidente cardiovascolare”.
Diseguaglianze sul territorio
L’attenzione va puntata anche sulla distribuzione geografica di obesità e sovrappeso in età infantile, che si mostra diseguale nelle diverse regioni italiane: “Esiste un gradiente sul tasso di obesità pediatrica che aumenta da Nord verso Sud, dove le regioni meridionali come Campania, Calabria, Puglia e Sicilia registrano livelli di sovrappeso e obesità in età pediatrica nettamente più elevati rispetto a quelli riscontrati in alcune regioni del Nord Italia”, ha ricordato Emanuele Miraglia del Giudice, passando poi a indicare le principali patologie collegate a tale condizione come quelle ortopediche, l’ipertensione, la steatosi epatica, la sindrome metabolica, le apnee notturne “e tutta una serie di problematiche che andrebbero valutate nella fascia preadolescenziale e che risultano legate ai rapporti con gli altri, alla potenziale depressione e alla non accettazione di se stessi. Difficoltà di ordine psicologico che si manifestano a volte in maniera importante”.
Gli effetti della pandemia
Sul tema COVID-19, Emanuele Miraglia del Giudice ricorda il rischio associato di un aumento del livello di obesità, “a causa di una modificazione dei comportamenti e degli stili di vita indotti e generati dalla stessa pandemia: Dad, chiusura delle scuole, ridotta capacità di movimento, tempo triplicato di esposizione ai device digitali e alla tv, risvegli e addormentamenti più tardivi. Tutti questi fattori hanno fatto sì che il bambino assumesse comportamenti che favoriscono la comparsa dell’obesità”.
Giocare d’anticipo
Importante, a fronte della situazione, l’adozione di politiche che agiscano non solo sul trattamento ma anche sulla prevenzione: “Oltre a garantire la cura giusta e dovuta al bambino, occorre una prevenzione a 360 gradi che parta dalla gravidanza”, proseguendo poi nel periodo dell’allattamento, nell’educazione alimentare a scuola, nella società, in famiglia. Partire subito, perché poi può essere difficile ritornare a una situazione di normopeso: “Nei primi 4-5 anni vita il pediatra ha la possibilità di poter capire non solo se il bambino è già in sovrappeso o obeso, ma, soprattutto, se si sta predisponendo a diventare sovrappeso oppure obeso. Se osserviamo la tabella dei percentili del BMI (Body Mass Index) notiamo che dai 2 ai 6 anni normalmente si riduce; se invece tende a salire si avrà un fenomeno precoce di ‘adiposity rebound’. Questo vuol dire che il bambino si sta predisponendo a diventare sovrappeso o obeso, cosa che ormai possiamo intercettare precocemente”, conclude Emanuele Miraglia del Giudice.