Una ricerca disegnata e sviluppata all’IRCCS Istituto Giannina Gaslini ha individuato un trattamento farmacologico che può aumentare la sensibilità del tumore alla terapia

Agire sui geni che regolano il livello di ipossia delle cellule del neuroblastoma. I risultati di una ricerca, disegnata e sviluppata all’IRCCS Istituto Giannina Gaslini di Genova, che apre nuove prospettive terapeutiche nel contrasto a questo tumore sono stati pubblicati su Cancer da un team multidisciplinare composto da Davide Cangelosi e Paolo Uva dell’Unità di Bioinformatica Clinica presso la Direzione Scientifica in collaborazione con Alessandra Eva e Maria Carla Bosco del Laboratorio di Biologia Molecolare e Alberto Garaventa, Massimo Conte e Loredana Amoroso dell’UOC Oncologia Clinica e Sperimentale.

Lo studio si è concentrato su mancanza o irregolare ossigenazione del neuroblastoma: l’ipossia rappresenta un fattore rilevante per la sopravvivenza dei pazienti con neuroblastoma e della risposta ai farmaci. La ricerca, realizzata nel Laboratorio di Biologia Molecolare da Alessandra Eva in collaborazione con Maria Carla Bosco, ha individuato un gruppo ristretto di geni, la cui espressione era associata al livello di ipossia tumorale del neuroblastoma. “Le nostre ricerche hanno mostrato che i pazienti con un tumore ipossico avevano una minore probabilità di sopravvivere. Nello stesso studio abbiamo individuato i processi biologici e i geni maggiormente coinvolti nella risposta cellulare all’ipossia, identificando di fatto così un nuovo fattore di rischio e un potenziale target terapeutico per il neuroblastoma”, hanno raccontato Davide Cangelosi e Paolo Uva. “Applicando sofisticate analisi bioinformatiche ai geni alterati dall’ipossia nel neuroblastoma e ai dati prodotti dal Broad Institute di Cambridge negli USA, siamo stati in grado di individuare una serie di farmaci specifici, chiamati inibitori di PI3K\Akt\mTOR, che sono in grado, secondo le nostre scoperte, di riprogrammare le cellule tumorali di neuroblastoma rese più aggressive dalla mancanza di ossigeno”.

I risultati ottenuti potrebbero dunque aprire alla possibilità di un approccio terapeutico con una maggiore efficacia sul tumore, come illustrato da Alberto Garaventa, Massimo Conte e Loredana Amoroso: “Le implicazioni cliniche di questa scoperta sono molteplici. La riprogrammazione indotta da questi farmaci sulle cellule di neuroblastoma in ipossia possono rendere le cellule tumorali maggiormente sensibili alle terapie farmacologiche convenzionali, migliorando l’efficacia delle terapie nei pazienti per cui il tumore sviluppa delle resistenze ai farmaci. Inoltre, i geni individuati con le nostre ricerche possono essere usati per individuare precocemente i pazienti con un neuroblastoma ipossico, permettendoci così di disegnare le nuove terapie sulla base della predisposizione del paziente”.

“Questi studi aprono nuove prospettive terapeutiche per i piccoli pazienti con neuroblastoma, ma affinché questi risultati possano arrivare ad essere impiegati nella pratica clinica è necessario continuare la sperimentazione e la ricerca”, hanno aggiunto CangelosiUva. “Per questo motivo stiamo lavorando con l’UOC Oncologia Clinica e Sperimentale per dare il via ai primi test clinici che hanno lo scopo di misurare l’efficacia di questi farmaci su un numero ristretto di pazienti e con il Laboratorio di Biologia Molecolare e il Laboratorio Terapie Sperimentali in Oncologia per testare gli inibitori di PI3K\Akt\mTOR su altri modelli cellulari di neuroblastoma e sui modelli animali che mimano la malattia umana, in modo da raccogliere ulteriori informazioni sulla tollerabilità ed efficacia di questi farmaci”.

“Si tratta di un risultato importante”, ha concluso Angelo Ravelli, Direttore Scientifico del Gaslini. “L’identificazione di farmaci innovativi potenzialmente capaci di migliorare la prognosi del neuroblastoma nei casi resistenti alle terapie convenzionali apre un nuovo e promettente spiraglio per il futuro dei bambini affetti da questo tumore”.