Le interrelazioni tra inquinamento ambientale e stato di salute sono un tema sempre emergente. L’ultimo Rapporto sul Monitoraggio della Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza chiaramente afferma che l’ambiente di vita dei minorenni italiani presenta numerose criticità, anche per l’eccessivo inquinamento “outdoor e indoor” (https://gruppocrc.net).

A tale proposito, alcune tra le principali Società scientifiche e Associazioni pediatriche (ACP, FIMP, SIMP, SIN, SIP) unitamente al gruppo di lavoro del progetto CCM “Ambiente e primi 1000 giorni” hanno pubblicato un documento di consenso su inquinamento atmosferico e salute (https://www.epicentro.iss.it/materno/pdf/1000giorni), che ribadisce come la popolazione in età pediatrica risulti essere particolarmente suscettibile agli effetti legati all’esposizione a inquinanti atmosferici.

La causa dipende da una combinazione di fattori biologici, comportamentali e ambientali con possibili ripercussioni sulla salute in età adulta e transgenerazionale, perché i bambini sono ovviamente soggetti a un più lungo periodo di esposizione rispetto ad adulti o anziani.

Lo stesso gruppo CRC sottolinea che, oltre agli inquinanti atmosferici, un’importante fonte di rischio per la salute dei minori è rappresentata da quelli chimici. Esistono più di 142 milioni di sostanze chimiche di sintesi, di cui oltre 40.000 sono commercializzate. Più del 60% di esse si ritiene sia pericoloso per la salute umana. Essendo quasi tutte sostanze non biodegradabili o a lentissima biodegradazione, tendono a disperdersi nell’ambiente concentrandosi in aria, acqua e terreno da dove, direttamente o tramite la catena alimentare, possono contaminare l’organismo umano.

Sia una nostra inchiesta (v. Il Pediatra n.2/21) che un recente articolo di Sergio Bernasconi [Area Pediatrica 23(1): 7- 13; 2022] hanno messo a fuoco il ruolo dei cosiddetti “interferenti endocrini” sulla salute dei bambini. Gli interferenti endocrini – o le loro miscele – sono sostanze esogene in grado di alterare la/le funzione/i del sistema endocrino, che ormai si ritrovano ubiquitariamente disperse nell’ambiente (vestiti, farmaci, presidi sanitari, disinfettanti, insetticidi, cibi e loro contenitori, arredamento, materiali da costruzione, cosmetici e prodotti per la cura della persona, giocattoli).

Come già ricordato (v. Editoriale, Il Pediatra n.1/22) la complessiva esposizione a inquinanti ambientali può indurre processi di adattamento biologico dello sviluppo neuro-somatico a partire dalla vita intrauterina (fetal reprogramming) anche attraverso meccanismi epigenetici, che possono modificare l’espressione genica dell’organismo fin dalle prime fasi post-fecondazione.

Gli eventi mondiali di questi ultimi periodi, dunque, sollevano ulteriori preoccupazioni sulla salute di infanzia e adolescenza in conseguenza di eventi ambientali. Una nuova forma di epatite acuta (v. pag.4) si sta presentando in questi mesi ed è stata messa in possibile relazione con l’isolamento sociale indotto dalla pandemia da SARS-CoV-2 che ha causato una minore occasione di contatti e quindi anche di immunizzazione spontanea verso alcuni virus nei bambini più piccoli. Gli eventi bellici – oltre al problema umanitario – rischiano di aumentare l’inquinamento ambientale sia direttamente in conseguenza delle armi utilizzate nelle azioni militari sia indirettamente per il ricorso a fonti di energia meno ecologicamente compatibili.

Il pediatra ha il compito di sensibilizzare su queste tematiche istituzioni e famiglie, a queste ultime anche fornendo, durante i bilanci di salute, informazioni per una migliore protezione dei bambini, ma anche dovrebbe contribuire al pronto monitoraggio di eventuali “impennate” di patologia, ai fini di una precoce presa in carico delle segnalazioni e alla rapida applicazione del principio di precauzione.