I ricercatori del CEINGE di Napoli in collaborazione con l’Ospedale pediatrico Santobono-Pausilipon hanno studiato la predisposizione genetica a questa complicanza dell’infezione da SARS-CoV-2

Una predisposizione genetica collegata allo sviluppo della Sindrome Infiammatoria Multisistemica (Multisystem Inflammatory Syndrome in Children, MIS-C) nei bambini a distanza dall’infezione acuta da SARS-CoV-2. A segnalarla uno studio realizzato dai ricercatori del CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli, guidato da Giuseppe Castaldo, professore di Scienze Tecniche di Medicina di Laboratorio presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. La ricerca, finanziato dalla Regione Campania, è stata realizzata con la collaborazione dell’Unità di Pediatria d’Urgenza, Pronto Soccorso e Terapia Sub-intensiva e di Cardiologia Pediatrica dell’Ospedale Pediatrico di Rilievo Nazionale Santobono-Pausilipon di Napoli, dirette da Vincenzo Tipo e Michela Grieco.

Un primo lavoro pubblicato su Frontiers in Immunology ha riportato la presenza di una predisposizione genetica nei confronti della Sindrome Infiammatoria Multisistemica post COVID, come spiegato da Giuseppe Castaldo: “Sono stati analizzati 45 casi di pazienti ricoverati al Santobono e, grazie all’utilizzo di strumentazioni di ultima generazione presenti al CEINGE, siamo giunti a risultati che mostrano chiaramente come la MIS-C sia associata a mutazioni nei geni già implicati nelle malattie auto-immuni ed auto-infiammatorie. Succede che durante la fase acuta dell’infezione COVID-19, nei bambini portatori dei tratti genetici descritti non avviene una eliminazione completa del virus. Ciò provoca il danno dei tessuti e innesca la risposta immunitaria iper-reattiva tipica della Sindrome”.

Il tema della possibilità di azioni rapide ed efficaci per contrastare la malattia è stato oggetto di una seconda pubblicazione, sulle pagine di su Metabolites. I ricercatori hanno preso in considerazione gli eventi di vasculite endoteliale, possibile causa di trombosi venosa/arteriosa, indentificando come potenziali marcatori della sindrome alcune proteine coinvolte nei processi di danno endoteliale (per esempio la chemochina MCP-1, il fattore VEGF-A e gli anticorpi Panca). “Il dosaggio di tali proteine permetterebbe non solo di diagnosticare la MIS-C, ma anche di individuare un potenziale sviluppo di vasculite. E, cosa molto importante, l’identificazione precoce dei pazienti con danno endoteliale consente di stabilire terapie specifiche personalizzate, come la profilassi con anticoagulanti, immunomodulatori e/o farmaci anti-angiogenici”, ha concluso Giuseppe Castaldo.