Si assesta intorno al 20% la prevalenza dell’asma nella popolazione pediatrica, ma le stime sono in crescita secondo l’EpiCentro dell’Istituto Superiore di Sanità e i dati di letteratura. Complice fattori epigenetici, dunque la predisposizione individuale (geni e famigliarità con la malattia) su cui impatta uno stile di vita troppo “industrializzato”. A fronte del fenomeno, tuttavia, una presa in carico tempestiva e l’appropriatezza terapeutica, con farmaci anche innovativi laddove possibile e necessario, consentono di tenere efficacemente sotto controllo l’asma sia in acuto che in fase di mantenimento con un sensibile miglioramento della qualità della vita dei piccoli pazienti e del nucleo famigliare. Fondamentale anche l’empowerment del paziente, dei genitori nel caso di bambini piccoli, degli adolescenti e dei giovani adulti. Se ne discuterà al 27° Convegno Pediatrico “I Pinguini” (Firenze, 11-12 Novembre), nel corso della lezione “Una guida pratica per i genitori per la gestione dell’asma”, tenuta dalla dottoressa Francesca Mori, specialista in Pediatria presso l’Università degli Studi di Firenze e responsabile del dipartimento di Allergologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer del capoluogo fiorentino.

Inquadramento dell’asma

Le manifestazioni sono note: respiro corto, possibili sibili, senso di oppressione toracica, tosse. Sintomi respiratori che rientrano nel classico quadro clinico dell’asma, malattia eterogenea caratterizzata da una infiammazione cronica e iperattività delle vie aeree superiori, con frequenza e intensità – da lieve a severa – che possono variare nel tempo e a seconda dell’età del bambino. «Le cause di insorgenza dell’asma sono multifattoriali – spiega Mori – ma fra i principali trigger si riconoscono la componente genetica, cioè una predisposizione naturale allo sviluppo dell’asma che risente anche della famigliarità, ovvero avere uno o entrambi i genitori allergici o francamente asmatici, ma anche la storia perinatale, ad esempio la prematurità del bambino o essere affetti fin dai primi mesi di vita da forme di allergie atopiche, rappresentano un fattore di rischio aumentato per l’insorgenza dell’asma. Ma sul rischio incidono anche fattori ambientali, quali ad esempio l’esposizione ad allergeni – inquinanti, fumo di sigaretta, pelo e saliva di animali domestici, polvere – o la minor esposizione a virus e infezioni e, in generale, uno stile di vita occidentale, industrializzato. L’età è un fattore determinante che spesso “condiziona” la miccia che accende l’asma: ad esempio nel bambino molto piccolo e fino ai 5-6 anni di vita un ruolo preponderante è svolto da virus e infezioni in genere, mentre in bambini più grandicelli possono influire maggiormente gli allergeni indoor, come l’acaro della polvere o outdoor, come i pollini».

Diagnosi e terapia

Arrivare prima e avviare un approccio terapeutico corretto fanno la differenza sullo sviluppo della malattia, ne limitano cioè l’evoluzione verso forme più severe. Alcuni strumenti diagnostici possono aiutare nella definizione della condizione asmatica, ad esempio tra le indagini ad hoc ci sono il test di broncoreversibilità al broncodilatatore o il test da sforzo o con metacolina, e l’anamnesi del paziente. «L’età di insorgenza dell’asma – aggiunge la dottoressa – può variare sensibilmente; ad esempio se troppo precoce è possibile ipotizzare una anomalia congenita piuttosto che l’asma, oppure in presenza di sintomatologie sovrapponibili con altri quadri clinici, come un sibilo persistente, è fondamentale una diagnosi differenziale con attenzione agli intervalli di insorgenza, al momento di presentazione del sintomo (durante l’esercizio fisico, nel corso del giorno o della notte), alle riacutizzazioni. Tali sintomi e manifestazioni possono variare anche la risposta al trattamento farmacologico, orientando verso una rimodulazione dei dosaggi o a una sostituzione terapeutica». Oggi infatti si dispone di diverse terapie, a seconda dell’età o della gravità dell’asma: «Occorre fare una prima grande distinzione fra terapie di mantenimento – precisa Mori – in cui i farmaci per eccellenza sono i corticosteroidi inalatori, e terapie in acuto di cui il farmaco capostipite è il beta-2 antagonista (salbutamolo), un broncodilatatore che a seconda della severità dell’asma o dell’età del bambino, può essere associato anche a corticosteroidi orali, o sostituto con associazioni di corticosteroidi inalatori e broncodilatatori come il formoterolo. A questi si aggiungono le add on therapy, cioè terapie che possono essere utilizzate insieme al trattamento base come i broncodilatatori a lunga durata di azione antileucotrieni o terapie più innovative. Per quanto riguarda i bambini sotto i 12 anni, il trattamento prevede l’eventuale aumento graduale dei dosaggi di corticosteroidi e broncodilatatori, antileucotrieni mentre sopra i 12 anni è possibile ricorrere a approcci terapeutici più nuovi». Le linee guida GINA includono, ad esempio, l’immunoterapia allergene-specifica (AIT) sublinguale per acaro della polvere, a partire già dallo step II (gli step definiscono la gravità dell’asma), mentre in bambini da 6 a 11 anni oltre ai soli corticosteroidi, è possibile l’utilizzo combinato anche con broncodilatatori a lunga durata di azione, antileucotrieni, e sempre da questa età e sopra i 12 anni sono disponibili un’ampia gamma di farmaci biologici, indicati nelle forme più gravi di malattia (step 5) ma non tutti utilizzabili dai 6 anni. Tra questi ci sono omalizumab (un anti-IgE noto da tempo), mepolizumab (un anti IL-5) e dupilumab (un antirecettore IL-4 e 13).

Consigli a mamme e papà

Per favorire un trattamento e presa in carico efficace dell’asma, occorre stabilire una alleanza tra il paziente (il genitore nel caso dei bambini piccoli) e il pediatra di famiglia mirata all’ottimizzazione del piano di cura e a una corretta comunicazione che impatta anche sulla risposta terapeutica dei bambini con asma. «Il genitore – dichiara ancora Mori – deve innanzitutto conoscere i trigger che abbiamo citato e considerarli possibili campanelli di allarme per asma, rivolgendosi quindi al pediatra in caso di comparsa, tanto più importante se il bambino ha già manifestato altre forme di atopia in ambito alimentare, ad esempio, o se è soggetto a dermatite atopica che predispongono alla cosiddetta marcia atopica, con evoluzione delle manifestazioni allergiche nel tempo». Vanno inoltre riferiti al pediatra specifici eventi, quali l’impossibilità di praticare l’esercizio fisico per broncospasmo, la necessità di fare ricorso ai farmaci e con quale frequenza, eventuali esacerbazioni dei sintomi. «È fondamentale, infine, che il bambino ma soprattutto i genitori e l’adolescente abbiano a disposizione l’Asma Action Plan – conclude Mori – cioè un diario con una serie di domande mirate così da coinvolgere attivamente la persona nella gestione e nel percorso di cura della propria patologia. Le domande si riferiscono ad esempio alla frequenza dei sintomi, alla difficoltà respiratoria e di quale intensità e/o manifestazione, e in quale momento del giorno ricorrono, e così via. Il compito del pediatra è, infine, verificare il corretto uso dei farmaci e/o del dispositivo, nello specifico del distanziatore da usare con la mascherina sotto i 6 anni e senza sopra i 6, in quanto l’efficacia terapeutica si correla all’uso corretto dei farmaci stessi, ma deve anche monitorare l’aderenza (la compliance) alla terapia, un problema rilevante soprattutto negli adolescenti. L’empowerment del paziente è fondamentale per il miglioramento della condizione asmatica, mentre la vaccinazione antiinfluenzale può rappresentare un valido strumento di prevenzione soprattutto in soggetti asmatici, più efficace di altre strategie protettive meno attuabili».


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