Un nuovo studio della SIP ha indagato ed evidenziato i possibili problemi collegati all’utilizzo dei social media da parte di bambini e ragazzi

Depressione, cyberbullismo, problemi alimentari, fisici e nella sfera sessuale. La Società Italiana di Pediatria (SIP) ha pubblicato su International Journal of environmental research of pubblic health una review basata su 68 lavori scientifici che, nell’arco di un periodo di 18 anni (dal 2004 al 2002), hanno valutato le possibili conseguenze collegate all’esposizione dei minorenni ai social media.

Un primo aspetto segnalato è l’associazione significativa tra uso dei social e depressione, rilevata nel 27% degli studi considerati, in merito alla quale avverte Rino Agostiniani, Consigliere Nazionale della SIP: “Non è ancora chiaro se l’uso dei social porti a una maggiore depressione o se questi sintomi depressivi inducano le persone a cercare di più i social media (il che potrebbe alimentare un circolo vizioso). Quello che però emerge in maniera inequivocabile dai lavori è che più tempo bambini e adolescenti trascorrono sui dispositivi digitali, più alti livelli di depressione vengono segnalati. E ciò avviene senza grandi distinzioni geografiche: dalla Svezia all’Egitto”.

Sempre su depressione e social, si unisce Elena Bozzola, Consigliere Nazionale della SIP, aggiungendo: “La depressione è collegata a un rapido aumento della comunicazione digitale e degli spazi virtuali che sostituiscono il contatto faccia a faccia con uso eccessivo dello smartphone e delle chat online. Bambini e adolescenti navigano in Internet per lo più da soli, consultando con assiduità i social media. Primi tra tutti, Instagram, Tik-Tok e Youtube. Con inevitabili conseguenze sulla loro vita: dalle interazioni sociali ed interpersonali al benessere fisico e psicosociale”.

Non solo depressione

Diverse altre problematiche vengono poi segnalate dallo studio della SIP, come disturbi alimentari e cyberbullismo, problemi psicologici, disturbi del sonno, dipendenza, ansia, problemi legati alla sfera sessuale, problemi comportamentali, distorsione della percezione del proprio corpo, ridotta attività fisica, grooming online, problemi alla vista, cefalea e carie dentali, con un aumento collegato al tempo di utilizzo, per esempio per quanto riguarda il disagio psicologico, il mal di testa, i disturbi visivi e posturali, la rachialgia, la tendinite, il cosiddetto ‘pollice da sms’.

Sul versante alimentare viene definita preoccupante l’influenza dei social, sia per l’esposizione alla commercializzazione di cibi malsani, sia per il rischio di messaggi pro-anoressia. Vi è poi una diffusione del cyberbullismo, con messaggi ostili e aggressivi, cui conseguono ansia, depressione, fino al tentato suicidio. Inoltre, in merito alla sfera sessuale, i social possono alterarne la percezione e viene riferito che l’esposizione a materiale sessuale online (anche con finestre pop-up o pubblicità) rappresenta un rischio e può predisporre a sviluppo di depressione, suicidio e abuso di sostanze.

Definire politiche e interventi

Necessario quindi non trascurare il tema e definire strategie adeguate in merito: “La diffusione dei social media, soprattutto tra i più giovani, richiede un’attenzione particolare perché un uso non responsabile può creare problemi rilevanti nella vita quotidiana dei ragazzi e delle loro famiglie, sia dal punto di vista della gestione delle emozioni che delle difficoltà relazionali e scolastiche”, sottolinea Annamaria Staiano, Presidente della SIP. “L’età preadolescenziale e adolescenziale rappresenta una fase cruciale per lo sviluppo dell’individuo; la conoscenza e l’analisi dei comportamenti a rischio, frequenti in questa fascia d’età, può contribuire alla definizione di politiche e interventi in grado di promuovere l’elaborazione di valori positivi e facilitare l’adozione di stili di vita salutari”.

“Il dialogo con gli amici e con le famiglie nonché l’attività fisica sono i migliori antidoti contro l’overdose da social media”, conclude Elena Bozzola. “Un’attività sportiva regolare, anche se lieve/moderata, può addirittura alleviare la depressione in 6-12 settimane in chi ne è già colpito”.