La melatonina, ormone endogeno liberato fisiologicamente dalla ghiandola pineale o epifisi, può essere assunto per via esogena sia sotto forma di integratore, ovvero in quantità inferiori ai 2 milligrammi, o di farmaco nel caso in cui vengano superati questi dosaggi soglia. Noto come sostanza che favorisce il ‘buon riposo’, recenti studi scientifici hanno messo in luce innumerevoli proprietà e potenzialità della melatonina, da effetti antiossidanti alla capacità di evitare in modelli murini la morte per privazione del sonno. Aspetti che saranno approfonditi da Ugo Faraguna, Professore associato di fisiologia umana, all’Università di Pisa e ricercatore in convenzione con l’IRCCS Stella Maris di Calambrone, nel corso della relazione: “Tutti gli effetti della melatonina nel corso della vita”, al 27° Convegno pediatrico “I Pinguini” (Firenze, 11-12 Novembre).

Azione cronobiotica

Aiutare l’addormentamento: è certamente l’effetto più noto e riconosciuto alla melatonina. «È corretto parlare di un effetto cronobiotico – spiega Faraguna – e non di azione ipnoinducente. Quest’ultima, infatti, si attribuisce a farmaci, quali ad esempio le benzodiazepine, che una volta somministrati favoriscono il sonno, attraverso un’azione stimolante del GABA. La melatonina può avere un lieve effetto ipnoinducente se assunta a dosaggi molto alti, peraltro non consigliati, mentre svolge, ai dosaggi più comunemente utilizzati, un’azione cronobiotica. Ovvero definisce e differenzia ciò che è giorno da ciò che è notte, rappresenta quindi il “segnale” che stimola il sistema nervoso centrale e l’organismo a sincronizzarsi sulla notte; da qui la definizione della melatonina come “ormone della notte”, dall’inglese “darkness hormone”, la cui azione viene inibita dalla luce, in particolare dalla luce blu. Quando quest’ultima si riduce, e con essa anche la stimolazione visiva, l’epifisi è libera di secernere melatonina».

Storicamente e per sua natura, la melatonina iniziava ad essere liberata nel momento della giornata in cui la luce ambientale cominciava ad attenuarsi, al tramonto; l’introduzione della luce elettrica ha stravolto tutti i ritmi e in maniera specifica l’utilizzo di tablet, tv e altri dispositivi elettronici ha fatto “saltare” il tramonto. «Oggi il tramonto lo decidiamo noi – chiarisce Faraguna – e non necessariamente coincide con la rotazione della terra; questo ha creato problemi enormi in tema di ‘buon’ sonno, soprattutto ad appannaggio di adolescenti e giovani in cui l’utilizzo di questi strumenti elettronici ad emissione di luce blu è prevalente rispetto ad altre fasce di popolazione».

Lo studio americano, oltre l’ormone del sonno

Un recente lavoro pubblicato a giugno del 2020, da ricercatori di Harvard, Stati Uniti, non solo ha messo in luce nuove funzioni della melatonina, ma ha dato una spiegazione scientifica anche al perché modelli murini deprivati dal sonno sopravvivono. «Studi sperimentali – prosegue il professore – condotti da ricercatori americani di Chicago, intorno agli anni 70 e 80, su modelli murini, in particolari roditori, avevano evidenziato che la privazione cronica di sonno era incompatibile con la vita, portando a morte le cavie in circa due settimane».

La ragione di questo fenomeno è rimasta oscura e a lungo dibattuta fino alla recente scoperta di ricercatori dell’Università di Harvard. «Sono state fatte varie ipotesi sulle cause di morte da privazione cronica di sonno  – continua Faraguna – tra queste alcune erano legate alla compromissione del sistema immunitario o a disordini cerebrali, ma nessuna ha retto la prova della verifica sperimentale. Fino alla scoperta del ruolo cruciale dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS), implicati e responsabili di gran parte dei processi dell’invecchiamento, la cui produzione a livello gastrointestinale è risultata molto aumentata dopo privazione di sonno.

La Prof.ssa Rogulja e collaboratori [1] ad Harvard hanno osservato che gli animali privati di sonno, cui veniva somministrata melatonina, non andavano incontro a morte, ovvero questo ormone, al pari di altre 10 sostanze antiossidanti su 53 esaminate, inibiva la produzione gastrointestinale di ROS. I risultati della sperimentazione dimostrerebbero, quindi, che la privazione di sonno porta a morte per la produzione di ROS a livello gastrointestinale, non nel cervello come inizialmente si credeva, confermando una volta in più la relazione asse intestino-cervello e che la somministrazione di antiossidanti, tra i quali la melatonina, può prevenire il decesso da privazione cronica di sonno, limitando la produzione di ROS».

Il “riscatto” della melatonina

I risultati dell’esperimento americano risolvono così anche lo scettiscismo sul ruolo di efficacia della melatonina: scetticismo in parte giustificato dall’errato momento di somministrazione di quest’ormone. «Se la melatonina a livello fisiologico aumenta con il tramonto – precisa Faraguna – occorre simulare il tramonto nel momento dell’assunzione per indurne la miglior efficacia.

Ovvero è scorretto somministrare la melatonina mezz’ora prima di dormire: in un bambino con problemi di sonno che si corica alle 23:00, come spesso accade, occorre creare un tramonto verso le 19:30. In buona sostanza, è molto più importante il momento in cui si somministra la melatonina rispetto alle quantità assunte che di norma si aggirano su livelli standard compresi tra 0.5-1 mg con eventuale progressione graduale in caso di inefficacia».

L’ora di somministrazione della melatonina dovrebbe, quindi, essere personalizzata in funzione del cronotipo della persona – gufo o allodola – delle abitudini del bambino e della famiglia, tenuto conto che andrebbe assunta circa 4 ore prima dell’orario desiderato di addormentamento.

Valore aggiunto

La melatonina è un ormone noto da lungo tempo, di cui si conoscono anche gli effetti collaterali a lungo termine, quasi assenti, fatta eccezione per un possibile effetto miorilassante a livello addominale che potrebbe essere “vantaggioso” in bambini molto piccoli soggetti a colichette. «Resta inteso – conclude Faraguna – che la melatonina non deve essere il primo intervento terapeutico nella gestione nei disturbi del sonno.

Deve rientrare in un programma terapeutico dopo la messa in atto delle misure di igiene del sonno, verificando cioè l’adeguatezza del contesto ambientale (luminosità, rumorosità, temperatura, ecc…) e a seguito di un approccio comportamentale che preveda l’adozione di alcune regole per un buon e corretto addormentamento. La melatonina si colloca, dunque come terza opzione di intervento per l’educazione al sonno, anche nel bambino».

 

[1] Vaccaro A, Dor YK, Nambara K et al. Sleep Loss Can Cause Death through Accumulation of Reactive Oxygen Species in the Gut. Cell, 2020 Jun 11;181(6):1307-1328.e15. doi: 10.1016/j.cell.2020.04.049.