Presentati i risultati di un’indagine volta a misurare l’indice di gradimento e l’impatto del lavoro dei volontari su pazienti e famiglie

Volontari, presenze essenziali a fianco di bambini ricoverati in ospedale e di supporto ai genitori, in grado di trasformare, insieme all’équipe medica e infermieristica, il percorso di cura in una presa in carico olistica della persona, nella sua dimensione fisica e psico-emotiva. Apprezzato il ruolo di servizio e al servizio delle famiglie in corsia, si auspica un ampliamento delle attività dei volontari all’interno degli ospedali e un possibile coinvolgimento anche nell’assistenza domiciliare. È quanto emerge da ‘Bambini in Ospedale‘, l’indagine commissionata da ABIO (Associazione per il Bambino in Ospedale) a due università milanesi, Bicocca e Politecnico, presentata a Milano il 22 febbraio scorso, che ha inteso misurare per la prima volta l’indice di gradimento e l’impatto in termini di outcome sui piccoli pazienti e i nuclei famigliari prodotto dall’operato dei propri volontari.

L’indagine

Nove ospedali milanesi – Ospedale Ca’ Granda Niguarda, Ospedale San Paolo, Ospedale San Carlo Borromeo, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Neurologico C. Besta, IRCCS Policlinico San Donato, Ospedale dei bambini Vittore Buzzi, IRCCS Ospedale San Raffaele, Policlinico di Milano, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori – sono le strutture che hanno partecipato all’indagine di ABIO, associazione di volontariato fondata nel 1978 e presente in Italia con 53 associazioni locali coordinate da Fondazione ABIO Italia. Quattrocentosei le interviste effettuate a genitori di bambini durante ricoveri ospedalieri, visite ambulatoriali o attese durante cicli di terapie, 106 quelle raccolte fra medici e infermieri in ospedale, 88 da pediatri di libera scelta e 36 da volontari sugli oltre 300 attivi solo nella città di Milano, con obiettivi chiari: valutare il supporto che i volontari dell’associazione possono offrire a piccoli pazienti e famiglie/caregiver durante la degenza in ospedale; evidenziare i bisogni soddisfatti, le criticità esistenti; studiare strategie risolutive e/o migliorative.

“L’attività di volontariato può crescere nel supporto al bambino e ai suoi caregiver soprattutto all’interno del reparto, creando un ambiente favorevole e un clima positivo per il piccolo paziente, fornendo informazioni ai caregiver sui servizi territoriali a loro disposizione, spesso non noti agli interessati”, spiega Antonello Zangrandi, professore Ordinario di Economia delle aziende pubbliche e Distinguished Professorpresso la Scuola di Direzione Aziendale (SDA) dell’Università Bocconi.

In funzione delle nuove necessità emergenti e di contesti famigliari non sempre adeguatamente supportati, la richiesta di un aiuto e servizio da parte del volontariato e terzo settore potrebbe espatriare dai confini dell’ospedale e calarsi sul territorio, in una assistenza domiciliare: un obiettivo che, nel caso, richiederà una revisione del ruolo e specifici strumenti formativi del volontario.

Il servizio di volontariato

L’indagine ha analizzato il gradimento sulle offerte attuali di ABIO e in prospettiva le nuove necessità espresse dai genitori. Ottimo il riscontro sull’operato a oggi condotto dai volontari: su una scala da 1 a 5, l’indice di gradimento si assesta su valori tra 4,4 e 4,8 in relazione alla tempestività nell’incontro con i volontari, spesso il giorno stesso o quello successivo al ricovero o alla visita, e dunque alla gamma di servizi prestati a tal punto che i genitori chiedono un ampliamento delle attività interne all’ospedale. Per esempio, non il semplice gioco o momenti di svago e intrattenimento ma la creazione di laboratori artistici (teatro, musica, creta: 98%) e Interventi Assistiti con gli Animali (comunemente noti come pet therapy), così come la progettazione di iniziative a supporto della famiglia, quali spazi fuori dal reparto per l’incontro dei piccoli ricoverati con i fratelli e sorelle (80%); servizi materiali tra cui trasporti casa-ospedale-alloggio per famiglie fuori Regione che qui risiedono temporaneamente, supporti tecnologici come app o videochiamate.

Aggiunge Cristina Masella, professore Ordinario di Impresa e Decisioni Strategiche, responsabile scientifico Osservatorio Sanità Digitale e vice Rettore del Politecnico di Milano: “Tra i nuovi bisogni risulta di interesse l’attivazione di servizi domiciliari; le famiglie auspicano di poter contare sull’aiuto dei volontari nel post dimissione, soprattutto per quei bambini che necessitano di maggiore impegno assistenziale”. Diponibilità da cui i volontari non si tirano indietro: di età media avanzata, l’80% prende molto sul serio il proprio compito in ABIO, ‘sacrificando’ il proprio tempo libero per questa attività. Ottime le relazioni create con lo staff medico-infermieristico, così come con la famiglia e i piccoli pazienti: l’empatia e dialogo sono alla base di un fruttuoso rapporto e fattivo aiuto al superamento delle criticità che il percorso di cura impone.

Shift sul territorio

È in atto un processo di cambiamento: “I dati dell’indagine mettono in evidenza che la domanda di prestazioni mediche, soprattutto in relazione alle generazioni più recenti, si sta velocemente spostando dal comparto ospedaliero a quello ambulatoriale, ovvero sono sensibilmente diminuiti i ricoveri, la durata delle degenze a favore di maggiori cure prestate sul territorio, aspetto che si rileva anche nella cura di pazienti in età geriatrica, con un trend che si stima ancora più evidente nel corso dei prossimi anni”, conclude Giovanni Corrao, dell’Assessorato al Welfare di Regione Lombardia e del Centro di Ricerca Interuniversitario Healthcare Research & Pharmacoepidemiology. “Ciò impone che il Terzo Settore tenga conto che i bisogni assistenziali dei bambini e il sostegno ai genitori devono sempre più trovare risposte fuori dall’ospedale”.