La SIN chiede di offrire ai bambini italiani le stesse opportunità di salute dei bambini europei, senza differenze tra le Regioni

I dati sulle infezioni da Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), la diffusione e la possibilità di casi molto gravi, il ruolo di strategie di prevenzione, l’eterogeneità della situazione nelle diverse Regioni italiane: le considerazioni sul tema sono oggetto della lettera aperta della Società Italiana di Neonatologia (SIN), a nome del Presidente Luigi Orfeo e del Consiglio Direttivo, al Ministro della Salute, alla Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, ai Presidenti delle Regioni Italiane ed agli Assessori regionali alla Sanità e alla Salute.

Guardando ai numeri, la SIN indica come il VRS causi un’infezione delle vie respiratorie in più di 6 bambini su 10 nel primo anno di vita ed in quasi tutti entro il secondo anno; e rispetto alla gravità, come il 4% dei bambini colpiti con meno di un anno di vita necessiti il ricovero e uno su cinque tra questi debba essere ricoverato in Terapia Intensiva. Viene indicato come in Italia vi sia una epidemia di tale infezione tra ottobre/novembre – marzo/aprile e che il metodo più efficace per contrastarla sia la prevenzione.

Nel febbraio del 2023, riporta ancora la SIN, il Board del Calendario Vaccinale per la Vita, la Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), la Società Italiana di Neonatologia (SIN), la Società Italiana di Pediatria (SIP), la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) hanno suggerito la necessità di adottare una strategia di prevenzione universale delle malattie da VRS per tutti i neonati, che si può ottenere con la somministrazione del nirsevimab in ospedale, prima della dimissione dal reparto di maternità, dai servizi territoriali o dal Pediatra di libera scelta.

Dalla stagione epidemica 2023, la Regione Autonoma Valle d’Aosta e alcuni Paesi europei hanno introdotto la prevenzione universale delle malattie da VRS con il nirsevimab. Preoccupa, prosegue la SIN, “il fatto che le Regioni italiane stanno affrontando questo tema in modo eterogeneo suggerendo, in certi casi, di limitare l’uso del Nirsevimab ad un numero ristretto di bambini, spinte dall’obbiettivo di limitare i costi più che da obiettivi di salute pubblica. In alcune Regioni si è fatto riferimento anche alla disponibilità del vaccino anti-VRS da somministrare durante il terzo trimestre di gravidanza, verosimilmente a spese della gestante”.

Le considerazioni vengono condivise perché sia possibile offrire ai bambini italiani le stesse opportunità di salute degli altri bambini europei, evitando allo stesso tempo che ci siano differenze tra le diverse Regioni.