Opportunità diagnostiche e terapeutiche accanto ad aspetti etici, morali, economici, organizzativi del sequenziamento del genoma del neonato
Opportunità diagnostiche e dunque terapeutiche, implicazioni di ordine etico, morale, di sostenibilità economica. Ma anche valutazioni di tipo organizzativo, di governance nazionale e dei singoli sistemi regionali, fino all’accettabilità da parte dei cittadini. Sono alcuni dei principali risvolti che riguardano iniziative e progettualità potenzialmente in grado di cambiare la storia di una malattia rara, genetica, e dunque la vita di un bimbo e del contesto famigliare: tra queste il sequenziamento del genoma del neonato. Fino a dove è lecito spingersi, quali i mezzi e le risorse necessarie, come affrontare scelte e decisioni, non solo di carattere clinico? Quesiti che lasciano ancora molti interrogativi aperti cui ha provato a rispondere il Progetto RINGS, sequenziamento del genoma del neonato: fattibilità e implicazioni cliniche, etiche, psicologiche ed economiche, commissionato da Regione Lombardia, coordinato da Fondazione Telethon ETS e realizzato in partnership con UNIAMO (Federazione Italiana Malattie Rare), ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, l’Università degli Studi San Raffaele per gli aspetti clinici, l’Università Bocconi per l’ambito finanziario e molti altri enti. Un’importante collaborazione fra pubblico e privato, con il coinvolgimento anche della cittadinanza.
Gli obiettivi
Valutare la sostenibilità e la realizzabilità di uno screening genomico neonatale, finalizzato a identificare alla nascita malattie genetiche a esordio infantile, definire il percorso diagnostico sperimentale e valutare le ricadute sanitarie del processo di screening. Sono le basi su cui è nato e si è sviluppato il Progetto RINGS, partito nel 2021 in Lombardia, Regione all’avanguardia che si allinea fra le prime ad altri progetti sul tema condotti a livello europeo e internazionale, su cui sono stati investiti 500 mila euro: al centro la valutazione della possibile introduzione nel sistema sanitario regionale delle tecnologie di Whole Genome Sequencing (WGS), cioè la determinazione dell’intera sequenza, o quasi, del DNA di un individuo, per ricercare alla nascita malattie genetiche, fare diagnosi precoce prima della comparsa dei stintomi, avviare un tempestivo trattamento, cambiando potenzialmente il decorso della patologia. L’analisi del WGS consentirebbe di ‘leggere’ all’incirca 3 miliardi differenti di basi genetiche, possibile espressione di 7 mila malattie rare: una potenzialità enorme, la cui interpretazione è tuttavia oggi limitata dalla conoscenza ancora incompleta del genoma stesso.
Il progetto
Il progetto è stato sviluppato sulla base di tre diversi scenari: il primo che ha valutato il WGS con un approccio di screening per un numero definito e distinto di condizioni, un secondo che ne ha previsto l’utilizzo come uno strumento di screening esteso, cioè senza limiti di condizioni, applicabile a tutte le varianti potenzialmente coinvolte nello sviluppo di malattie genetiche/rare, e un terzo scenario di diagnosi con l’impiego in neonati con quadri clinici complessi, attualmente privi di diagnosi certa. Il progetto è stato guidato in tutte le fasi e per le diverse attività da un approccio di Ricerca e Innovazione Responsabile, che ha valutato specifici elementi quali per esempio la rilevanza clinica dello screening genetico neonatale, l’impatto organizzativo sulle strutture sanitarie, quello economico sul sistema sanitario regionale, oltre ai risvolti etici, psicologici e sociali per le famiglie coinvolte, prevedendo la partecipazione di tutti gli stakeholder. Obiettivo: aprire un dialogo e un confronto in funzione di diversi know-how e visioni, per arrivare a una valutazione di insieme, dell’applicabilità, utilizzo e valore aggiunto del WGS.
Fra il sì e il no
Il WSE è, a oggi, una opportunità da considerare anche alla luce degli strumenti e delle più moderne tecnologie di sequenziamento del DNA che renderebbero più rapida e meno costosa l’individuazione di ulteriori malattie genetiche? I risultati del progetto RINGS traducono una dicotomia: il sequenziamento dell’intero genoma si profila e qualifica come un eccellente strumento diagnostico di secondo livello per neonati che presentano alla nascita sintomi patologici compatibili con alterazioni genetiche o screening metabolico alterato e/o per neonati con quadri clinici complessi, non diagnosticabili con altre tecnologie. Mentre, al momento, l’utilizzo del WGS in ambito di screening appare un’opportunità immatura mancando le competenze, come anticipato, per dare un corretto significato clinico alle varianti genetiche individuabili, cui si aggiunge la criticità nel discriminare la selezione di specifici panel di geni che andrebbero a maggiorare la lista degli attuali noti. Infine, quanto al test rimane il tema della reale capacità predittiva dello sviluppo di una malattia e quindi dell’opportunità di comunicarne i risultati ai genitori con implicazioni sulla vita dei figli. In buona sostanza, quali informazioni sia corretto ed etico restituire ai genitori apre un ulteriore importante dibattito: dare informazioni o richiedere da parte dei genitori notizie su eventuali patologie genetiche del proprio figlio è un diritto, anche nel caso in cui la patologia possa svilupparsi in età adulta e le eventuali conseguenze sul piano clinico siano ancora incerte? Ancora: è corretto considerare il WGS come un possibile screening genetico di massa? I risultati dello studio RINGS sembrano sostenere l’opportunità di avvalersi più spesso del sequenziamento dell’intero genoma su pazienti con malattia già conclamata; ciò in futuro permetterà di risparmiare a molti pazienti e ai loro caregiver lunghe ed estenuanti odissee diagnostiche.